La clausola di un contratto di distribuzione selettiva che vieta, ad esempio, ad una società di vendere cosmetici o prodotti di igiene via internet, "costituisce una restrizione della concorrenza, a meno che quella clausola non sia oggettivamente giustificata". Un divieto simile non può beneficiare di un’esenzione per categoria ma individuale e soltanto ad alcune condizioni.
E’ quanto afferma la Corte di giustizia dell’Unione Europea intervenendo nella controversia tra l’Antitrust francese e l’azienda Pierre Fabre Dermo-Cosmetique, i cui cosmetici e prodotti di igiene personale sono venduti, sul mercato europeo, soprattutto tramite i farmacisti. L’Antitrust ha denunciato come "anticoncorrenziali" gli accordi di distribuzione della società e la Corte d’appello di Parigi si è rivolta ai giudici europei per un’interpretazione della normativa UE al riguardo.
La Corte ha precisato intanto che i prodotti in questione non rientrano nella categoria dei medicinali. Inoltre, che "i contratti di distribuzione riguardanti i marchi Klorane, Ducray, Galénic e Avène, la cui vendita deve essere effettuata esclusivamente in uno spazio fisico e alla presenza di un laureato in farmacia, in pratica limitano qualunque forma di vendita su Internet". La Corte europea conclude sottolineando che – come già rilevato in passato per la vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica e per le lenti di contatto, "l’obiettivo di presentare l’immagine di prestigio dei prodotti (in questo caso quelli della società francese), non può rappresentare un obiettivo legittimo per restringere la concorrenza".