ENERGIA. Enea favorevole al nucleare. Greenpeace e Legambiente insorgono
"Solo investendo di più in ricerca si potrà partecipare con successo alla gara tecnologica che si è aperta in Europa su fonti rinnovabili, efficienza energetica e nucleare per realizzare l’innovazione necessaria a procedere a emissioni zero. Si tratta di una gara con forti implicazioni sulla competitività del sistema industriale". Sono state queste le parole del Presidente dell’Enea Luigi Paganetto, che ha introdotto la presentazione del Rapporto Energia e Ambiente 2007, che si è svolta oggi a Roma.
"La grande sfida – ha affermato Paganetto – è l’energia di fusione, che va affrontata non solo in via sperimentale. Per produrre quest’energia in tempi relativamente brevi l’Enea sta lì a presidiare l’oggi, il domani e il dopodomani".
A queste dichiarazioni del Presidente dell’Enea hanno subito reagito le più grandi associazioni ambientaliste. "Se le notizie sul potenziale di efficienza sono buone e confermano nella sostanza le valutazioni presentate da Greenpeace, ci sono almeno cinque osservazioni da fare sui miracoli nucleari presenti nel rapporto diffuso oggi da ENEA" ha commentato Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
Prima osservazione, si legge in un comunicato: "solo lo scorso aprile ENEA ha presentato scenari energetici nei quali il nucleare non compariva; oltre alla volontà del governo è successo qualcosa? Il nucleare è diventato improvvisamente competitivo? Eppure a leggere bene le stime ENEA non si direbbe". Seconda osservazione: "i costi di investimento attribuiti al nucleare da ENEA appaiono più ragionevoli, di quanto propagandato da ENEL, 33 miliardi di euro per 8.000 MW includendo i costi di smantellamento, che vanno caricati sugli investitori. Si tratta di un costo totale dell’ordine dei 4 miliardi di euro per 1.000 MW (anche se stime recenti sono oltre i 5), contro l’1,7-2 propagandato da ENEL".
Terza osservazione: "con un investimento che non supera i 2 miliardi per 1.000 MW ENEL sostiene che il nucleare produce elettricità competitiva rispetto al costo tendenziale del gas: 5 centesimi contro 8. Ma se si assume un costo doppio delle centrali questo non è più così vero, il costo del kWh nucleare sale almeno a 8-8,5". Quarta osservazione: "va notato come l’orizzonte di esauribilità della risorsa Uranio sia stato "artificialmente allungato" da 70 anni a 86: un altro miracolo. Il dato delle riserve provate citato da ENEA è di 4,6 milioni di tonnellate e un consumo attuale di 65 mila tonnellate. Ora dividendo le due cifre verrebbe un tempo di esauribilità di poco più di 70 anni. In questo caso, se non è un errore, il miracolo è semplice, ENEA cita le maggiori efficienze di uso dovute ai nuovi reattori. Ma questo andrebbe fatto per tutte le fonti e in tutti i rapporti energetici la cifra che viene data è il risultato tra riserve provate e consumo attuale annuale e non futuro". Quinta osservazione: "le note sulle grandi prospettive dei reattori autofertilizzanti al plutonio sono fuori luogo, in un Paese che ha già sopportato economicamente un terzo del più grande fallimento industriale della storia, noto come Superphénix (reattore franco-italo-tedesco al plutonio) chiuso nel 1999 dopo 54 mesi di funzionamento costellato da incidenti, che con lo smantellamento sarà costato più di 10 miliardi di euro attuali".
Anche Legambiente ha da dire la sua, anzi oggi ha organizzato un sit-in davanti alla sede dell’Enea dove è stato presentato il Rapporto Energia e Ambiente 2007. "Non raccontiamo favole agli italiani – si legge in una nota di Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – il nucleare che vuole il ministro Scajola è una tecnologia di terza generazione che, anche nella versione evoluta, non ha risolto i soliti problemi di produzione e smaltimento delle scorie, sicurezza e approvvigionamento di uranio. Sarebbe una vera follia investire oggi immense somme di denaro pubblico su una tecnologia che nasce già vecchia. Il nucleare di quarta generazione infatti è ancora nella fase di sperimentazione e nella migliore delle ipotesi vedrà la luce nel 2030".
Secondo Legambiente il nucleare non serve poi per recuperare i ritardi rispetto agli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, anche perché produce solo energia elettrica che corrisponde ad un 15% circa degli usi finali di energia, mentre il restante 85% è relativo al consumo energetico dei trasporti, industria e produzione di calore. Il contributo del nucleare alla riduzione dei gas serra, insomma, è pressoché trascurabile. "Per l’Italia puntare sul nucleare equivarrebbe ad abbandonare qualsiasi prospettiva di riduzione delle emissioni di CO2 – spiega il responsabile scientifico di Legambiente – e se il nostro Paese decidesse di realizzare alcune centrali nucleari, direbbe addio agli obiettivi di diffusione di fonti rinnovabili, efficienza energetica ed innovazione tecnologica, perché i due investimenti sono alternativi".
Inoltre secondo l’associazione ambientalista l’Italia rischia di uscire da uno scenario comunitario che al 2020 prevede il 30% di riduzione delle emissioni di CO2, il 20% di produzione energetica da rinnovabili e il 20% di miglioramento dell’efficienza energetica. "Ed è un rischio molto concreto perché nella migliore delle ipotesi la prima centrale entrerebbe in funzione tra almeno 10 anni". "E poi – aggiunge Ciafani – finiamola con la storia che il nucleare serve all’Italia per ridurre la bolletta energetica e la dipendenza del Paese dall’estero. Stiamo parlando di una tecnologia che nel mondo è in declino proprio per i costi eccessivi dovuti allo smaltimento delle scorie e allo smantellamento delle centrali, come sostenuto da autorevoli istituti di ricerca internazionali come il Mit di Boston o lo stesso Dipartimento dell’energia statunitense. A meno che non sia lo Stato che, con una evidente forzatura delle regole di mercato, copra i costi della chiusura del ciclo. Ma allora dov’è la convenienza di tutta questa operazione? Il Governo abbia il coraggio di dire la verità agli italiani: sta candidando l’Italia a promuovere un programma arretrato e insicuro di centrali di terza generazione, sulla cui tenuta economica dovrà garantire comunque lo Stato, con buona pace degli obblighi previsti dai trattati internazionali contro i cambiamenti climatici e con un salasso non indifferente per la collettività costretta a pagare le multe salate previste dall’accordo europeo 30-20-20, vincolante per tutti gli Stati membri.
"Parlare di nucleare in Italia – conclude Ciafani – fa perdere tempo ad un Paese come il nostro che ne ha già perso troppo a proposito di riduzione delle emissioni di gas serra. La strada da seguire è molto più semplice e più desiderabile. E’ quella fondata soprattutto sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, una soluzione più immediata, sostenibile e addirittura più economica". "Basta con i soldi dei cittadini destinati al nucleare voluto dal Governo Berlusconi. I pochi soldi pubblici per la ricerca italiana in campo energetico vengano investiti solo in efficienza e rinnovabili, promuovendo l’unica innovazione tecnologica in grado di far traguardare al nostro Paese l’obiettivo europeo di riduzione del 30% delle emissioni di CO2 entro il 2020".