Findus e le lasagne con carne di cavallo, il caso si allarga all’Europa
Lo scandalo delle lasagne surgelate della Findus che, invece di contenere sugo a base di carne bovina (come indicato in etichetta) contenevano carne di cavallo, sta interessando tutta Europa. La notizia, arrivata dal Regno Unito alla fine della settimana scorsa, è emersa in seguito a test effettuati da ispettori del Governo che hanno trovato nelle confezioni di lasagne surgelate dal 60 al 100% di carne equina. Al di là dello scalpore della notizia e dell’inganno perpetrato a danno dei consumatori, il caso ha posto per l’ennesima volta, in ambito comunitario, un problema di tracciabilità degli ingredienti.
Il mercato delle carni, in particolare, è molto esposto a truffe e manipolazioni, con conseguenze sia di qualità dei prodotti che di salute pubblica. Mentre il gruppo Findus Nordic ha annunciato che farà causa al fornitore francese Comigel ed ai suoi fornitori per frode e violazione del contratto, l’Unione Europea si interroga sulle misure da prendere.
“Allo stato attuale non sono state rilevate tracce” di sostanze pericolose per la salute “nelle analisi fatte dagli Stati membri nell’ambito dello scandalo” ha dovuto precisare il portavoce del Commissario per l’Agricoltura, Frederic Vincent, rispondendo ai giornalisti che chiedevano conferma del rilevamento di fenilbutazone, un anti-infiammatorio usato per i cavalli ma vietato per uso umano. Il portavoce ha ribadito che per Bruxelles il caso “non è questione di salute pubblica”.
L’EFSA, Autorità Europea per la sicurezza alimentare fa sapere di essere a conoscenza della contaminazione di prodotti a base di carne di manzo con carne di cavallo nella filiera alimentare e che ci sono indagini in corso per risalire alla fonte.
Ma il gruppo dei socialisti-democratici del Parlamento europeo punta il dito contro i governi per la scarsa tracciabilità delle carni in Europa. “Il Consiglio – si legge in una nota – è stato miope nei negoziati sul Regolamento per l’etichettatura dei cibi. A luglio 2011 il Parlamento è stato costretto ad accettare una legislazione debole”. La responsabile dello S&D per la sicurezza alimentare, Linda McAven, ha ribadito: “Questo scandalo pone gravi domande sulla tracciabilità degli alimenti e sull’integrità della catena di fornitura delle carni”. “Agli allevatori si chiede una doppia etichettatura del bestiame – ha precisato la deputata – e la carne deve essere tracciabile tra macelli, industrie di trasformazione e dettaglianti, “ma tutti gli sforzi diventano inutili se i produttori di cibi non controllano in modo adeguato i loro fornitori”.
Venendo all’Italia, la Coldiretti rilancia: “Circa 30 milioni di chili di carne di cavallo, asino o mulo sono stati importati in Italia provenienti per quasi la metà dalla Polonia, ma anche da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania che sembra essere uno dei principali imputati dell’ “horsegate” che sta sconvolgendo l’Europa. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che aggiunge: “Al rischio di frode che sembra profilarsi si aggiunge lo scandalo dovuto al fatto che gli alimenti sotto accusa richiamano esplicitamente all’Italia con le lasagne, i cannelloni e gli spaghetti alla bolognese senza però alcun legame con il sistema produttivo nazionale, ma frutto di un vorticoso carosello commerciale all’interno dell’Europa”.
“Secondo le ultime ricostruzioni – spiega la Coldiretti – la Findus era rifornita da una società con sede nel nord-est della Francia, la Comigel, che produce prodotti simili per fornitori e distributori di cibo in 16 paesi. I prodotti Findus contenenti carne di cavallo scoperti in Gran Bretagna provenivano da una fabbrica della Comigel in Lussemburgo. La Comigel a sua volta era rifornita dalla carne proveniente da un’azienda del sud della Francia, la Spanghero, la cui società madre si chiama Poujol. La Poujol ha acquistato la carne congelata da un’azienda di commercializzazione di Cipro, che ha subappaltato l’ordinazione ad una società olandese. Quest’ultima era rifornita da un mattatoio e una macelleria rumena”.
“Alla evidente difficoltà della legislazione europea di garantire trasparenza negli scambi commerciali e nell’informazione ai consumatori che ha portato a far scattare l’allerta e a fissare un vertice dei Ministri dell’Agricoltura per domani 13 febbraio a Bruxelles, si aggiunge quindi – sostiene la Coldiretti – il grave danno economico e di immagine provocato all’Italia che fonda nell’agroalimentare uno dei sui punti di forza all’estero. Il fatturato del falso Made in Italy agroalimentare ha superato i 60 miliardi di euro”.
“In Italia – conclude la Coldiretti – lo scambio di carni all’insaputa dei consumatori è vietato dal decreto legislativo 109 del 1962 che obbliga ad indicare in etichetta la specie animale da cui proviene la carne utilizzata come ingrediente ma lo scandalo, ripropone – sottolinea la Coldiretti – l’esigenza di una accelerazione nell’entrata in vigore di una legislazione più trasparente sulla etichettatura della carne e degli altri alimenti a livello comunitario”.