L’agroalimentare italiano come patrimonio da esportazione: nel 2005 il valore dell’export è stato di 20 miliardi di euro; 4 miliardi di euro il valore dell’export agricolo; l’incremento dell’export agricolo è stato del 6,1% nel 2005 e del 4% nei primi sei mesi di quest’anno. Il 70% delle esportazioni agroalimentari è assorbito dai 25 paesi dell’Unione Europea: i clienti "top" sono Germania, Francia e Stati Uniti. Ma i dati non sono tutti positivi: rispetto alla quota di commercio mondiale complessivo il peso dei prodotti agroalimentari è in calo e l’Italia continua a rimanere spaccata in due, poiché l’export proviene soprattutto dalle Regioni del Nord. I dati fotografano l’andamento dell’agroalimentare italiano e sono stati diffusi oggi a Roma nell’ambito del seminario "Nuove frontiere commerciali per l’agricoltura italiana di qualità. Accordi, mercati, produzioni", organizzato da Confagricoltura e dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

EXPORT. Nei primi sei mesi del 2006 le esportazioni sono salite dell’8,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: in questo trend il comparto dell’industria agroalimentare ha registrato un +10% e l’export agricolo un +4%. Nel 2005 il valore complessivo delle esportazioni del comparto agroalimentare è stato di circa 20 miliardi di euro, registrando un aumento del 3,4% rispetto all’anno precedente. In crescita le esportazioni dei prodotti dell’industria alimentare che rappresentano la quota principale del fatturato con 15,1 miliardi di euro (+2,7%). E per quanto riguarda l’export dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, nel 2005 è stata superata la quota dei 4 miliardi con un aumento, rispetto al 2004, del 6,1%. L’Italia si colloca fra i primi dieci paesi esportatori al mondo piazzandosi in ottava posizione: secondo i dati 2004, primi sono gli Stati Uniti seguiti da Francia, Olanda, Germania, Brasile, Spagna, Belgio. All’ottavo posto si colloca l’Italia con un volume di export pari a 18,6 miliardi di euro. Nell’Unione Europea invece l’Italia si colloca in sesta posizione con 12,9 miliardi di euro e una quota pari al 7,4% della quota di mercato totale: ai primi posti ci sono l’Olanda (con 27,8 miliardi di euro), la Francia (27,4 miliardi di euro), la Germania (26,9 miliardi di euro), il Belgio (18 miliardi di euro) e la Spagna (17,6 miliardi di euro). Rispetto alla quota di commercio mondiale complessiva il peso dei prodotti agroalimentari italiani è però in calo e si ferma al 4%, con una percentuale che è circa la metà rispetto a Francia, Olanda e Germania. L’import inoltre rimane alto e nel 2005 è stato di 29 miliardi di euro con un aumento dello 0,6%. Ed è peggiorato, negli anni 2000-2004, il passivo della bilancia del commercio con l’estero dell’agroalimentare che è passato da 6,3 miliardi a 7,3 miliardi di euro. Il motore delle esportazioni agroalimentare si concentra inoltre nell’Italia del Nord dove quattro regioni da sole – Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto – rappresentano ben il 58,4% del totale. La prima regione del Sud è la Campania con una percentuale del 7,8%. E la differenza si riscontra anche per quanto riguarda i prodotti esportati: il peso dei prodotti dell’industria alimentare sulle vendite all’estero supera il 90% in Lombardia e Piemonte mentre il Sud esporta soprattutto prodotti primari.

PRODOTTI. Andamento positivo soprattutto per le esportazioni di frutta fresca, pasta, ortaggi, legumi e formaggi. Le esportazioni della frutta fresca nel 2005 hanno raggiunto un valore di 1,7 miliardi di euro (+29,2%), quelle della pasta si sono attestate su 990 milioni di euro (+1,6%) e quelle della frutta trasformata su 729 milioni di euro (+4%). Il valore delle esportazioni di ortaggi e legumi è stato di 717 milioni di euro (con un aumento del 10,3%). L’aumento delle esportazioni per latte e derivati è stato pari al 3,1% per un valore totale di 1,9 miliardi di euro, mentre formaggi e latticini sono cresciuti del 2,4% attestandosi a 1,1 miliardi di euro. In aumento anche le esportazioni di salumi e insaccati. L’olio di oliva si è attestato intorno a 1,2 miliardi di euro, con un aumento del 19,2% ma ancora in saldo leggermente negativo per quanto riguarda la bilancia commerciale (le importazioni sono pari a 1,3 miliardi di euro). L’Italia invece resta carente per quanto riguarda i cereali dove, seppure le importazioni sono diminuite del 13%, le esportazioni non sono decollate, anzi hanno registrato una diminuzione del 3,6%, per un valore pari a 344 milioni di euro. Anche il vino di alta qualità, che pure è un prodotto di punta del paese, registra un andamento negativo: nel 2005 l’export DOC e DOCG è stato di circa 1,2 miliardi di euro con una diminuzione del 12%. Il contributo all’export delle indicazioni d’origine è invece in crescita e a trainare i prodotti tipici sono soprattutto i formaggi.

CLIENTI. L’Unione Europea a 25 paesi assorbe il 70% delle esportazioni agroalimentari italiane con un valore pari a 13,8 miliardi di euro. Il cliente più affezionato è la Germania che ha acquistato prodotti italiani per un valore di 4,2 miliardi di euro (+0,7%): al primo posto ci sono salumi, olio d’oliva, formaggi e vino. Al secondo posto c’è la Francia con un export pari a 2,4 miliardi di euro. Al terzo posto gli Stati Uniti che hanno registrato l’incremento maggiore (più 8%) per un valore complessivo di 2,1 miliardi di euro. Fra i nuovi mercati, la Russia ha visto crescere l’importazione di prodotti dall’Italia e l’export agroalimentare ha fatturato 282 milioni di euro con un aumento che, nel periodo 1999-2003, ha visto crescere soprattutto l’export di vino, pasta e ortofrutta. Nella Cina il peso dell’agroalimentare italiano è ancora fortemente ridotto: nel 2005 è stato di 30,9 milioni di euro. La Tunisia sta invece registrando un aumento delle importazioni dall’Italia che lo scorso anno si sono attestate su 29,9 milioni di euro, con un aumento del 70% in due anni.

CONFAGRICOLTURA. Secondo il presidente Federico Vecchioni "abbiamo un modello agricolo che il mondo ci invidia e arrivano segnali positivi dalla bilancia commerciale agroalimentare ma ancora non siamo in grado di reggere la competizione internazionale. Almeno senza un quadro generale e condiviso di regole". Ci sono ostacoli di tipo tariffario, barriere di origine sanitario e manca il sostegno di una grande distribuzione organizzata nazionale. I percorsi da seguire, secondo Confagricoltura, comprendono il rafforzamento degli uffici dedicati agli affari internazionali del Mipaaf, l’intensificazione delle intese bilaterali, ad esempio basandosi sul modello del "corridoio verde" usato per Egitto e Libano, nonché il coordinamento e il rafforzamento delle risorse disponibili per l’internazionalizzazione.


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