Dal 2000 ad oggi è triplicata l’importazione di "pummarola" di prima trasformazione dalla Cina da "mescolare" con il prodotto italiano per diventare automaticamente "tricolore" e finire sulle tavole di ristoranti e pizzerie come "Made in Italy", senza che i consumatori lo possano riconoscere per la mancanza di indicazioni nelle etichette e con grave danno per gli imprenditori agricoli nazionali. E’ quanto afferma Coldiretti nel sottolineare che occorre togliere dall’anonimato la produzione nazionale di pomodoro con l’etichettatura di origine obbligatoria per chiudere le porte "al pomodoro italiano in salsa cinese", con la pubblicazione del decreto "salva pomodoro Made in Italy" come annunciato al tavolo agroalimentare della concertazione.

Nel 2004 è arrivata in Italia dalla Cina una quantità di concentrato di pomodoro equivalente a 150 milioni di scatole da un chilo, pari a quasi un terzo della produzione nazionale e, senza nessun pregiudizio sulle caratteristiche del prodotto, è certo – precisano i coltivatori – che il Made in China è una cosa diversa da quella che il consumatore crede di acquistare sulla base delle indicazioni fino ad ora presenti nelle confezioni. Per questo secondo l’associazione di categoria: "E’ importante che sia stata resa obbligatoria per legge l’indicazione in etichetta dell’origine della componente agricola utilizzata nei trasformati di pomodoro, affinché non sia più possibile sfruttare l’immagine delle zone tradizionali di coltivazione, ingannare i consumatori e danneggiare gli imprenditori agricoli nazionali con la presenza sul mercato di prodotti a base di pomodoro provenienti da migliaia di chilometri di distanza da quanto immaginabile dalle etichette".

Si tratta di una necessità – sottolinea Coldiretti – per affrontare una campagna di raccolta difficile dove è più che mai necessario garantire condizioni di trasparenza, efficienza e responsabilità nella filiera e nelle Istituzioni per dare un futuro ad un settore simbolo del Made in Italy. Il legame con il territorio dà un valore aggiunto inimitabile al Made in Italy e l’indicazione dell’origine del prodotto in etichetta diventa un elemento indispensabile per garantire la competitività del sistema produttivo.

L’Italia è il secondo produttore mondiale dopo gli USA con un raccolto di pomodoro per l’industria di trasformazione che dovrebbe attestarsi essere attorno ai 5 milioni di tonnellate, in riduzione rispetto allo scorso anno e realizzato sia nel nord che nel sud del Paese. Ma la Cina ha iniziato la produzione di pomodoro nel 1990 ed oggi rappresenta il terzo bacino di produzione dopo Stati Uniti e Unione Europea, con il 90 % della produzione cinese è destinata ai mercati esteri ed in particolare il 50% del concentrato di pomodoro viene esportato in Italia. Dopo anni di progressivo declino a favore di condimenti meno tradizionali, che ha determinato un forte calo nei consumi, la classica e semplice pummarola è tornata sulle tavole degli italiani e ha fatto registrare nel 2004 un aumento del 6% nelle quantità acquistate dalle famiglie italiane, con punte del 10% per le passate e del 12% per il pomodoro a pezzettini, sulla base dei dati Ismea-ACNielsen.

Ogni famiglia italiana ha acquistato ben 31 kg di pomodori trasformati ed a essere preferiti sono stati nell’ordine i pelati (14 Kg), le passate (11 Kg), le polpe o pomodoro a pezzi (5 Kg) e per ultimo i concentrati e gli altri derivati (1 Kg). Una scelta di acquisto che – conclude Coldiretti – ha portato complessivamente gli italiani a spendere 442 milioni per acquistare ben 545 mila tonnellate di pomodori in scatola o in bottiglia.


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

 

Parliamone ;-)