Sono oltre 160 milioni i kg di concentrato di pomodoro provenienti dalla Cina e distribuiti come Made in Italy nell’anno 2007. Questo è quanto ha denunciato la Coldiretti nel corso del meeting dei presidenti che si è svolto a Napoli dal 19 al 21 novembre, nel corso del quale inoltre ha mostrato la prova dei fusti, di oltre 200 kg di peso con i quali arriva il pomodoro dalla nazione orientale per essere rilavorato e confezionato come italiano dal momento che sulle etichette dei prodotti al dettaglio è obbligatorio solo il luogo di confezionamento e non quello di coltivazione del pomodoro. Da un solo fusto di concentrato di pomodoro si ottengono 1081 tubetti di triplo concentrato oppure 1400 confezioni di passata o ancora 5000 confezioni di sugo di pomodoro.

Nonostante gli allarmi sulla sicurezza dei prodotti cinesi nel 2007 sono quasi triplicate le importazioni di pomodoro concentrato dalla Cina per un quantitativo che equivale a circa un quarto dell’intera produzione di pomodoro coltivata in Italia. La preoccupazione sul massiccio arrivo in Italia di concentrato di pomodoro dalla Cina ha raggiunto anche la Commissione Europea che in una recente nota relativa ad una indagine sulla trasformazione del pomodoro ha sollevato il rischio di frodi attraverso il regime del traffico di perfezionamento attivo. Di fronte a questa situazione grazie alla mobilitazione della Coldiretti dal primo gennaio cadranno tutte le deroghe e sarà finalmente obbligatorio indicare in etichetta l’origine del pomodoro utilizzato nella passata, secondo quanto previsto dal Decreto del 17 febbraio del Ministero delle Politiche Agricole.

"Si tratta di un passo in avanti molto importante che ritengo si debba estendere a tutti i derivati del pomodoro e agli altri elementi – ha ribadito Sergio Marini, il Presidente della Coldiretti – Bisogna favorire i controlli di tutti gli alimenti e ritirare dal mercato tutti i prodotti potenzialmente pericolosi. Dobbiamo impedire che per colpa delle maglie larghe della normativa, si radichi sui mercati un falso Made in Italy che si produce nei porti e sfrutta l’immagine positiva di un territorio a vantaggio di alimenti che nulla hanno a che fare con tessuto produttivo agricolo italiano".

La trasparenza a livello nazionale è una condizione indispensabile per combattere l’agropirateria sui mercati esteri dove il falso made in italy vale 50 miliardi di euro e colpisce soprattutto i prodotti base della dieta mediterranea come dimostra il Pompeian olive oil che non ha nulla a che fare con i famosi scavi, ma è prodotto nel Maryland o i San Marzano, pomodori pelati "grown domestically in the USA" o ancora gli spaghetti a marchio "napoletana" prodotti in Portogallo, scoperti dalla Coldiretti e portati a Napoli.


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