I ghiacciai si sciolgono, il livello degli oceani si alza, gli uragani e le inondazioni sono sempre più frequenti e devastanti. Le cause? Gli italiani non hanno dubbi: secondo un sondaggio Doxa, commissionato dall’ente di certificazione internazionale DNV (Det Norske Veritas), il 94,1% ritiene che vi sia un collegamento diretto tra l’inquinamento provocato dalle attività umane e i cambiamenti climatici. Una percentuale altrettanto elevata – l’89,8% – dichiara di essere disponibile a modificare il proprio stile di vita riducendo i consumi inquinanti (ad esempio, l’uso dell’auto, dell’energia elettrica e degli imballaggi ecc.) per limitare i danni all’ambiente. In particolare, un significativo 34,8% afferma di essere disposto a fare molto per combattere le varie forme di inquinamento, palesando una volontà di impegnarsi che sembra andare oltre una generica adesione alla causa della salvaguardia dell’ambiente. Tale percentuale sale al 42,7% nella fascia d’età 35-54, mentre scende al 23,8% in quella 15-24.
Secondo la maggioranza degli italiani, inoltre, istituzioni e imprese dovrebbero fare di più. Il 66,8% pensa che non si impegnino a sufficienza nella lotta all’inquinamento.

I risultati del sondaggio Doxa/ DNV sottolineano le preoccupazioni degli italiani per le trasformazioni del clima. A questa consolidata sensibilità ambientale non corrisponde, tuttavia, una diffusa conoscenza del principale strumento messo a punto dalla comunità internazionale per far fronte all’emergenza dei cambiamenti climatici, vale a dire il Protocollo di Kyoto, che si propone di ridurre le emissioni dei cosiddetti gas a effetto serra, responsabili del riscaldamento del pianeta e, quindi, dell’alterazione del clima.

Il Protocollo è stato al centro di un vivace dibattito scientifico e politico a livello internazionale ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, ma il 42% degli italiani non ne ha mai sentito parlare. Il 37,2% lo conosce solo per sentito dire, mentre il 19,3% dichiara di conoscerlo abbastanza bene e il 2% molto bene. La conoscenza del Protocollo appare particolarmente poco diffusa tra i più giovani (15-24 anni): il 50,5% non ne ha mai sentito parlare e solo il 14,3% lo conosce abbastanza bene. Sembra, quindi, emergere una minore sensibilità ambientale in questa fascia d’età, confermata anche dal dato sopra riportato sulla disponibilità a mutare gli stili di vita. Tra coloro che sono al corrente dell’esistenza del Protocollo, il 71,7% dimostra di non ignorare anche il sistema innovativo introdotto per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e che consiste nell’attribuire un valore economico all’impegno di Stati e aziende in tal senso, con vantaggi per chi ottiene gli obiettivi prefissati e costi per chi è inadempiente.

"Anche se complessivamente il Protocollo di Kyoto non è ancora molto noto, va registrato con soddisfazione il fatto che si fa strada la conoscenza del sistema di ‘monetizzazione’ dell’impegno ambientale che ne è alla base. Il Protocollo vincola il nostro Paese a ridurre le emissioni di gas serra nella misura del 6,5% rispetto al 1990. L’Italia è partita con un certo ritardo, ma ora il meccanismo si è messo in moto e le aziende si stanno attivando: è importante che a tutti i livelli, sia nell’opinione pubblica sia nel mondo delle imprese, si diffonda la consapevolezza della sfida che siamo chiamati ad affrontare", commenta Zeno Beltrami, Climate Change Service Manager DNV.


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