Aumenta la propensione degli italiani all’automedicazione. Anifa, rapporto 2005
Il 46,6% degli italiani viene colpito spesso o frequentemente da piccoli disturbi e per oltre il 38% (il 41,6% tra le donne) questi piccoli disturbi hanno un peso molto o abbastanza negativo per la propria vita quotidiana. Lo rileva il Censis che ha svolto un’indagine in merito per conto dell’Anifa (associazione Nazionale dell’industria Farmaceutica dell’Automedicazione) presentata oggi durante l’edizione 2005 dell’Osservatorio sull’Automedicazione e dibattuta durante la tavola rotonda "L’OTC punta alla competitività: qualità, offerta, servizi, informazione". L’indagine ha consentito di individuare quante volte negli ultimi tre mesi gli occupati in orario di lavoro hanno dovuto fronteggiare l’insorgere di piccole patologie: il 35,6% è accaduto una volta, per il 26,8% due volte e per il 35,7% tre o più volte. La media per occupato che ha avuto problemi di salute risulta pari a 3 volte negli ultimi tre mesi. Per l’81,9% il ricorso al farmaco è stato decisivo o importante nella scelta di rimanere comunque al lavoro. La media di ore lavorative perse per recarsi dal medico è pari a tre ore.
E’ chiaro – sottolinea il Censis – che si tratta di un ammontare di ore lavorative che potrebbero essere recuperate se, in presenza di piccole patologie invece di andare dal medico gli occupati facessero ricorso direttamente a farmaci di automedicazione. E così effettivamente avviene, grazie alla spontanea tendenza degli italiani all’automedicazione. In relazione all’ultima volta che gli intervistati hanno sofferto di un piccolo disturbo, il 76,3% ha dichiarato di avere preso un farmaco vendibile senza ricetta; per il 75,9% il ricorso a tale farmaco è stato decisivo o importante perché senza di esso non si sarebbe recato a lavorare mentre il 46,1% è stato importante perché ha contribuito insieme ad altri fattori a decidere di recarsi al lavoro. Il fatto che si vada a lavorare anche se affetti da piccoli disturbi comporta un ammontare di giornate lavorative non perse il cui valore è stimabile in 30 miliardi di euro che rapportati al pil costituiscono il 2,2% della produzione nazionale. "La salute non è quindi solo un diritto individuale oltre che un’esigenza dei singoli", ha spiegato Carla Collicelli, vice direttore del Censis, "ma è una componente essenziale, inderogabile, del fattore umano, senza la quale anche la capacità di quest’ultimo di contribuire alla competitività globale del sistema si riduce drasticamente. Non è pertanto una forzatura rilevare che potenziare la capacità competitiva di un paese non significa solo puntare su opzioni economiche finanziarie o produttive ma valorizzare nei diversi ambitile potenzialità dell’autogestione individuale".
"La vera sfida", ha sottolineato Angelo Zanibelli, presidente di Anifa "è quella di far entrare l’intero nostro settore nel processo di competitività, richiamando l’attenzione delle istituzioni sanitarie, economiche e industriali sull’importanza dell’automedicazione responsabile come elemento indispensabile nella crescita culturale e nella responsabilizzazione del cittadino, nell’ottimizzazione della spesa pubblica sanitaria e nello sviluppo dell’industria farmaceutica, permettendole di allungare il ciclo di vita dei prodotti e quindi finanziare l’innovazione con i ricavi di settori maturi". "La competitività rappresenta e rappresenterà sempre di più la sfida del futuro anche per i sistemi sanitari, stretti tra le necessità di ottimizzare le risorse economiche disponibili e al tempo stesso di assicurare prestazioni sanitarie e farmaceutiche appropriate, evolute e al passo con i tempi. Ma un sistema competitivo non è quello nel quale l’Autorità impone comportamenti, stabilisce vincoli ingiustificati, bensì quello nel quale l’utente finale del servizio è messo nelle condizioni di valutare al meglio le soluzioni disponibili ed ha le conoscenze per compiere la propria scelta".
"Per quanto attiene ai farmaci OTC il decreto Storace presenta luci ed ombre" – ha commentato Zanibelli. "E’ positivo che sia stato mantenuto il principio di libera determinazione dei prezzi, ma aver stabilito una cadenza biennale introduce una rigidità, un vincolo che mal si adatta alla competitività, a un sistema flessibile. E se da un lato la possibilità per il farmacista di praticare sconti è un fattore che incentiverà la concorrenza e la trasparenza dall’altro rischia di essere sminuito in assenza di misure che consentano un reale ed efficace comunicazione al pubblico dei prezzi dei medicinali OTC". "Per stimolare la competitività occorre anche agire sul fronte dell’offerta per favorire il rinnovo e miglioramento dei farmaci disponibili per l’automedicazione. Nel 2004 in Inghilterra sono stati registrati 5 nuovi prodotti OTC, in Germania 3 mentre nessuno nel nostro Paese. Ciò significa nono solo che i cittadini italiani hanno meno farmaci disponibili per l’automedicazione, ma anche che quelli che mancano sono in larga misura proprio nella fascia più alta ed evoluta dell’offerta terapeutica disponibile. Su questo aspetto il decreto Storace non interviene ed è peccato anche perché sarebbe stato molto facile introdurre il principio – che definirei di semplice equità – che è possibile registrare come OTC in Italia ciò che lo è già negli altri Paesi europei". "un altro elemento fondamentale per esaltare la competitività è la comunicazione che in un Paese moderno rappresenta uno strumento indispensabile per informare i cittadini. In senso evoluto, comunicare significa favorire la prossimità del cittadino con il prodotto, metterlo in condizione di vedere e valutare una gamma di soluzioni al suo problema, di poter confrontare prodotti analoghi apprezzandone le differenze di caratteristiche e anche di prezzo. Ecco che il marchio diventa un valore anche per il consumatore perché favorisce l’identificazione del medicinale ed gha un forte contenuto di sicurezza e affidabilità. Consentire un uso moderno dei marchi significa mettere a disposizione del cittadino uno strumento in più per effettuare al meglio la propria scelta".
" La crescente tensione sulle risorse pubbliche disponibile, associata all’allungamento della vita media e ad un costante ampliamente del concetto di benessere e di richiesta di autonomia decisionale, hanno determinato un radicale cambiamento di scenario, ed impongono un’altrettanto radicale modificazione dell’approccio: che da contenitivo deve diventare propulsivo. Il tema della competitività del sistema sanitario – ed in particolare qui di quello farmaceutico – rappresenta indubbiamente la sfida del futuro, dove per competitività si deve intendere una sanità – farmaceutica viste come insieme di elementi che concorrono alla produzione ed al mantenimento di un bene primario per gli individui e strategico per l’intera collettività: la salute".