Bankitalia. “Cerino acceso tra Roma, Francoforte e Bruxelles” di Paolo Sassetti
Da qualunque prospettiva lo si valuti, il giudizio espresso dalla BCE sul comportamento d’Antonio Fazio denuncia un grave vuoto nella capacità d’intervento della politica nazionale e di quella comunitaria nell’assicurare ai mercati finanziari la necessaria trasparenza e nell’assicurare la equa "governance" delle authority preposte alla loro sorveglianza
Nei mesi scorsi si era assistito ad uno sconcertante rimpallo di competenze e responsabilità tra il Governo Italiano e la BCE in merito a chi fosse titolare dei poteri per intervenire concretamente nella vicenda Bankitalia e sbrogliarne diplomaticamente la matassa. Se il Governo Italiano denunciava di essere impotente di fronte allo Statuto di Bankitalia ed al Trattato di Maastricht (che garantisce l’autonomia delle banche centrali nazionali), la BCE ha ribadito di non poter intervenire sulle legislazioni nazionali che regolano la vigilanza e la concorrenza bancaria. Evidentemente, anche la "forma" degli atti – che è anche sostanza – non è di competenza della BCE. Evidentemente, neppure le falle (sospette) della vigilanza di Bankitalia nel controllo sulla solidità patrimoniale della Banca Popolare Italiana sono state ragioni sufficienti per muovere rilievi. Alla fine, il cerino acceso è stato passato garbatamente alla Commissione Europea per un giudizio sul rispetto delle norme dei Trattati Comunitari sulla concorrenza. La storia di trincea della Prima Guerra Mondiale ci ricorda che il terzo soggetto cui il cerino viene passato per accendersi una sigaretta, normalmente è colpito da un cecchino appostato. Se anche la Commissione Europea dovesse abdicare dal constatare l’evidenza, il discredito colpirebbe senza appello le istituzioni comunitarie e nazionali. Perché non può esistere un problema evidente di cui nessuna Autorità sia competente.
Che qualcosa non quadri, infatti, è palese.
Se il comportamento di Fazio fosse, alla fine, giudicato davvero irreprensibile da tutti (Commissione Europea compresa), esso sarebbe pienamente legittimato anche per il futuro. Nessuno potrebbe, a quel punto, lagnarsi se, alla prossima OPA, il Governatore – forte di questo giudizio – si comporterà nello stesso medesimo modo: formalmente inappuntabile ma sostanzialmente "fazioso". Nessuno potrebbe, altresì, censurare se il Governatore reitererà le telefonate notturne al suo prossimo pupillo. Tutto regolare. Come ha sostenuto il Cardinal Ruini.
Quello che è finora sfuggito ai commentatori, è che il Governo esce dalla vicenda piuttosto indebolito nella sua credibilità.
Il Ministro per le Politiche Comunitarie La Malfa ha commentato – invero con un’interpretazione un po’ elastica – che la BCE ha completamente assolto Fazio, il quale esce a testa alta dalle speculazioni imbastite contro di lui.
Peccato che tra coloro che avevano imbastito tali speculazioni ci fossero anche il Presidente del Consiglio ("Fazio non ha più la mia fiducia") ed il Ministro per l’Economia, di cui tutti ricordiamo bene l’imitazione grottesca di Fazio all’ultima riunione del FMI. Da questo punto di vista, la gestione fatta dal Governo di tutta la vicenda pare quanto meno dilettantesca in termini d’immagine e di comunicazione: abbiamo un Ministro che ne smentisce un altro e persino il Capo del Governo. Come a dire che le prese di posizione di questi ultimi sul caso Fazio erano infondate ed improntate a speculazioni.
Resta il fatto che, tartufesca o no (ma più si che no), la BCE ha indirettamente assestato un duro colpo alla credibilità del Governo Italiano, implicitamente considerato il vero responsabile della vicenda per non aver dato al Paese regole di vigilanza meno discrezionali di quelle attuali. Nei prossimi giorni avremo una verifica importante delle intenzioni del Governo sul futuro del nostro sistema finanziario. Il decreto sul risparmio sarà votato dal Parlamento. La bozza che è data per quasi definitiva (definita persino "blindata") presenta un ennesimo cedimento a tesi storiche di Bankitalia (ad esempio col mantenimento della competenza congiunta ed incestuosa tra vigilanza e concorrenza bancarie).
Se la legge sul risparmio avrà questa forma vorrà dire che, tutto sommato, il Tartufo di Francoforte non ha tutti i torti.