Crisi per il commercio della patata italiana. Prezzi all’origine in forte discesa (meno 18 per cento nel solo mese di maggio per le "novelle"), massicce importazioni dalla Francia e, in quest’ultimo anno, dall’Egitto, che stanno invadendo i nostri mercati, costi di produzione onerosi e riduzione costante dei consumi hanno provocato alle aziende contraccolpi pesanti.

A denunciarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori che evidenzia una situazione al limite del collasso, con imprese che non riescono a collocare il prodotto nè in Italia nè all’estero.
Attualmente la produzione nazionale di patate -affermano gli agricoltori- si colloca attorno ai 2 milioni di tonnellate (l’uno per cento di quella mondiale), di cui 1,6 milioni di patate comuni e 0,4 milioni di "novelle" per un valore complessivo di 600 milioni di euro. Il consumo pro-capite è di 42 chili l’anno, uno tra i più bassi d’Europa. Mentre i costi di produzione, che continuano a crescere, sono tra i più alti all’interno dell’Ue. La produzione di patate comuni -rileva la Confederazione- si concentra soprattutto nel Nord dell’Italia; quella di "novelle", invece, nelle regioni meridionali.

Le regioni leader sono Campania, Emilia-Romagna, Veneto, Abruzzo , Sicilia e Puglia. Ad allarmare i nostri produttori -sottolinea la Cia- è comunque l’invasione, sempre più consistente, di patate straniere. Il 50 per cento delle importazioni (circa 300 mila tonnellate) viene dalla Francia, mentre sono in forte crescita quelle dall’Egitto che ormai hanno raggiunto il 21 per cento del totale (oltre 150 mila tonnellate). L’export, a sua volta, segna una preoccupante battuta d’arresto. Per le "novelle", in particolare, è un vero tracollo. C’è, infatti, una quasi totale assenza di ordini provenienti dai mercati esteri, specialmente quelli europei. E questo ha provocato una caduta verticale delle quotazioni. Un drammatico trend negativo -segnala la Cia- che sta mettendo in ginocchio le nostre produzioni, con gravi conseguenze per le imprese che in molti casi, sia a causa del basso e non remunerativo prezzo di conferimento che per la contrazione dei consumi, sono state costrette a distruggere il prodotto, con il conseguente mancato reddito. Da qui l’esigenza di rendere trasparente il mercato attraverso una corretta informazione sulla provenienza del prodotto e di misure finalizzate alla valorizzazione della produzione nazionale e a sottrarre quote di prodotto dal mercato.


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