La spesa delle famiglie italiane per formaggi ha superato i cinque miliardi di Euro destinati all’acquisto di 632 milioni di chili di prodotto (+1,3%) con una preferenza per grana padano, mozzarella, ricotta, parmigiano reggiano, formaggio con i buchi e mozzarella di bufala, ma senza dimenticare gli oltre cinquecento altri formaggi censiti in Italia. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulle rilevazioni Ismea-AcNielsen relative al consumo domestico di formaggi nel 2004, svolta in occasione del 12 luglio, il giorno dedicato a San Lucio che per tradizione è il "patrono" dei casari grazie al suo passato di caritatevole pastore sugli alpeggi tra la Val Cavargna e la Val Colla tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. E vegliare sul destino del patrimonio nazionale di 32 denominazioni di origine riconosciute dall’Unione Europea e su 481 formaggi tradizionali censiti dalle regioni è certamente un compito non semplice anche se facilitato – continuano i coltivatori – dalla grande qualità riconosciute dai consumatori nazionali ed esteri come dimostra il fatto che nei primi quattro mesi del 2005 il consumo di formaggi delle famiglie italiane è aumentato in quantità del 3,1%.

Se nel corso del 2004 non esiste in Italia una famiglia che non abbia consumato almeno un tipo di formaggio, ben tre su quattro – si legge nel comunicato – hanno acquistato almeno una volta ricotta, due su tre parmigiano reggiano o grana padano e una su due mozzarella o gorgonzola. Ad essere i più ghiotti del gradito derivato del latte sono i meridionali che nel corso del 2004 ne hanno acquistato il 36% del totale (circa 224 milioni di chili), seguiti dagli abitanti del nord ovest con il 27% (171 milioni di chili) e da quelli del centro con il 19% (122 milioni di chili) come quelli del nord est (115 milioni di chili).

Ma il Made in Italy – continua Coldiretti – è apprezzato anche all’estero dove nel 2004 sono stati esportati 219 milioni di chili (+7,2%) tra formaggi e latticini, con un paese dalle antiche tradizioni casearie come la Francia al secondo posto tra gli importatori dopo la Germania e prima degli Stati Uniti. Un trend di crescita che è continuato nel primo trimestre del 2005 nel corso del quale le esportazioni italiane di formaggi sono aumentate del 16,6% in quantità e del 10,5% in valore. E che potrebbe ulteriormente incrementarsi se – conclude l’ associazione di categoria – dai prossimi negoziati sul commercio internazionale nel Wto venisse un chiaro stop all’uso da parte di molti paesi, come Stati Uniti, Brasile, Argentina e Australia, delle nostre denominazioni più tipiche (parmesan, provolone, ricotta, gorgonzola) per formaggi che nulla hanno a che fare con la realtà produttiva italiana.


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