Corte Ue: “Aiuti di Stato alle banche falsano concorrenza”
La Corte di Giustizia europea delle Comunità europee ha confermato (con le sentenze c- 66/02 e c-148/04 ) la decisione della Commissione Ue sull’incompatibilità con il mercato comune degli aiuti a favore del settore bancario italiano. L’Italia aveva infatti chiesto alla Corte l’annullamento della decisione della Commissione, facendo valere, in particolare, che le misure contestate non costituiscono aiuti di Stato, in quanto non hanno dato luogo ad un trasferimento di risorse dello Stato, presentano un carattere generale e non selettivo, non pregiudicano gli scambi tra Stati membri e non falsano la concorrenza.
Negli anni 90, le autorità italiane hanno avviato un processo di privatizzazione del sistema bancario italiano, adottando la legge n. 461/98 per incentivare la ristrutturazione e il consolidamento del settore bancario. In esecuzione di tale norma, il decreto legislativo n. 153/99 ha concesso agevolazioni fiscali per talune operazioni di ristrutturazione bancaria. Con decisione 11 dicembre 2001, la Commissione ha ritenuto il regime di aiuti istituito dalla normativa italiana incompatibile con il mercato comune e ha disposto il recupero degli aiuti, illegittimamente concessi, presso le banche beneficiarie che hanno dovuto versare un importo corrispondente alle imposte non versate in conseguenza del detto regime.
La Corte parla chiaro, riprendendo la decisione della Commissione: una misura fiscale che non implichi un trasferimento di risorse dello Stato ma collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri contribuenti costituisce un aiuto di Stato ai sensi del Trattato CE. Le misure contestate sono esenzioni fiscali concesse mediante risorse dello Stato e costituiscono dunque un aiuto di Stato.
La Corte ha inoltre rilevato che il Trattato CE vieta gli aiuti selettivi che favoriscono talune imprese. Un aiuto può essere selettivo anche se riguarda tutto un settore economico. In quanto – spiega la nota – le misure fiscali italiane si applicano alle imprese che svolgono determinate operazioni nel settore bancario e non avvantaggiano le imprese di altri settori economici. Pertanto, esse sono selettive. Inoltre il vantaggio, in termini di competitività, conferito dalle dette misure agli operatori stabiliti in Italia è tale da rendere più difficile l’inserimento nel mercato italiano da parte di operatori di altri Stati membri, o addirittura da facilitare l’inserimento in altri mercati da parte di operatori stabiliti in Italia. Conseguentemente, le misure fiscali in esame possono influenzare gli scambi tra Stati membri e falsare la concorrenza.
