C’è un fermento crescente che genera migliaia di pagine, incontri e scontri, aspettative e proclami intorno alla CSR, come guida di un agire imprenditoriale eticamente orientato: impone attenzione e ascolto. In nome e per conto della "Signora Maria", icona del consumatore che tutto non sa ma tutto vorrebbe ascoltare e capire, se possibile, Adiconsum ha letto, domandato, discusso. Cosa sono i bilanci sociali delle imprese? Di cosa parlano, a chi parlano e perché? Chi sono le imprese che si misurano con un bilancio sociale? Di chi sono le mani che lo scrivono? Si può pensarlo più "a misura" del bisogno informativo dei consumatori? Un progetto europeo, denominato "SA&Co.: Social Accountability and Consumers", realizzato grazie al contributo della DG Lavoro e Affari Sociali della Commissione UE, ha creato l’occasione per un’analisi serena dello stato dell’arte in materia di comunicazione sulla CSR e alimentato un dibattito pacato. Il programma di attività si è svolto parallelamente in Spagna e Polonia, conoscendo dinamiche e approcci diversificati.Se è vero che ad uno sguardo attento la reportistica sociale rivela numerosi limiti, chi fa un bilancio sociale, sia pure in modo imperfetto, va incoraggiato e sostenuto.

I consumatori intendono dare un contributo in questo senso, favorendo la diffusione e la comprensione di questo strumento comunicativo presso più ampie fasce della popolazione, in modo da trarne elementi di orientamento dei consumi, che possano premiare sul mercato questo sforzo ed aiutare i cittadini a capire la differenza tra chi fa seriamente politiche di responsabilità sociale e chi le fa meno seriamente o non le fa affatto.

L’associazione ha dato una lettura dei bilanci e ha evidenziato una serie di considerazioni:

  • Presenza di un tono autocelebrativo che rischia di far percepire i bilanci sociali come strumenti di marketing, assenza di qualunque riferimento alle criticità;
  • Si parla dei consumatori ma non ai consumatori. I primi destinatari sono le agenzie di rating;
  • Spazio consistente dedicato alle attività benefiche e filantropiche svolte dall’azienda ma più difficile trovare i richiami ai problemi più concreti sollevati dai consumatori quali i reclami, il contenzioso, gli standard di qualità la trasparenza;
  • Per consultazione vengono evidenziati i call center, le ricerche sui consumatori, i focus group, cioè strumenti gestiti dalla stessa impresa;
  • Poco lo spazio dedicato ai vari soggetti quali associazioni consumatori, organizzazioni di categoria. Resta assente il confronto, il dialogo, la concertazione con le rappresentanze organizzate dagli stackholder.

Le sfide che Adiconsum pone alle aziende sono:

  • alle imprese che gestiscono il risparmio: definizioni di indicatori semplici e comprensibili per valutare da parte del consumatore il rischio d’investimento (un rating semplificato);
  • alle imprese di public utilità: la definizione di standard di qualità minimi negoziati con adeguata informazione ai consumatori.
  • Alle imprese produttrici di beni di consumo: anche in relazione alla delocalizzazione delle produzioni con i connessi problemi di qualità, di sicurezza, di lavoro minorile, informazione del conusmtore "made in" sulla provenienza, sulla tracciabilità.
  • Alle imprese tutte: più concorrenza con una qualità comparabile, sia riferita ai prezzi, ma soprattutto alle tariffe, per consentire al consumatorela scelta del prodotto in base al rapporto qualità prezzo – prezzo;
  • Lo sviluppo di procedure conciliative per risolvere i reclami ed il contenzioso e l’impegno delle aziende che hanno scelto la responsabilità sociale e realizzare una normativa sull’azione collettiva (class action come deterrente contro le crescenti furbizie, raggiri e truffe ai danni dei consumatori.

In pratica per l’associazione responsabilità sociale d’impresa non è sinonimo di un bilancio sociale autocelebrativo rivolto alle società di rating. Per Adiconsum responsabilità sociale è quel bilancio che risponde e affronta anche le criticità, indicando gradualità, obiettivi e verifiche.Quando il prezzo di un bene o la tariffa di un servizio risponde ad un’attività e non ad una rendita di posizione.


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