Sull’influenza aviaria è inaccettabile un dietrofront sulle norme varate per garantire l’informazione e la sicurezza alimentare a partire dall’obbligo di indicare sulle etichette l’origine del pollame e dei sui derivati che assicura la rintracciabilità delle produzioni e una maggiore efficienza dei controlli sui prodotti importati. E’ quanto denuncia Coldiretti in riferimento alla lettera inviata dai servizi della Commissione Europea al Governo nella quale si concede un ultimatum di quindici giorni all’Italia con la messa sotto accusa, tra l’altro, dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine italiana delle carni avicole o il luogo di provenienza per quelle di importazione, in quanto rappresenterebbe secondo l’autorità comunitaria – uno ostacolo agli scambi e un aggravio dei costi per il prodotto importato.

Per impedire che le evidenti pressioni determinate da interessi commerciali prevalgano sulla necessità di tutelare la salute dei cittadini e gli allevamenti nazionali Coldiretti scende in piazza contro qualsiasi tentativo di indebolimento del sistema di informazione, anche mascherato a livello nazionale da ipotesi di etichettatura volontaria. Una mobilitazione a sostegno della sicurezza e del Made in Italy che parte da Napoli, oggi 14 novembre alle 12 a Piazza Trieste e Trento, dove la Coldiretti distribuirà ai passanti duemila confezioni di uova con etichetta, pollo cotto al forno e frittate di uova cucinate al momento, ma saranno anche fornite alle massaie da parte di esperti qualificati tutte le informazioni richieste. In un mercato globale dove lo anche per lo sviluppo degli scambi commerciali le emergenze sanitarie nel settore alimentare si rincorrono servono – sottolineano i coltivatori – misure strutturali con un sistema di etichettatura obbligatorio che indichi la provenienza e l’origine di tutti gli alimenti, come elemento di trasparenza per produttori e consumatori.

Un percorso per garantire la sicurezza alimentare dei cittadini sul quale l’Italia e l’Unione non possono tornare indietro dopo che con la crisi mucca pazza nel 2002 è stata introdotta – ricorda l’associazione di categoria – per la prima volta in Europa l’etichettatura di origine della carne bovina che si è unita all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, all’arrivo dal primo gennaio 2004 del codice di identificazione per le uova e all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal primo agosto 2004, il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Si tratta di una informazione apprezzata dai consumatori come dimostra il fatto che l’entrata in vigore della nuova etichetta della carne di pollo e dei suoi derivati è accolta il 17 ottobre scorso con grande soddisfazione da allevatori e consumatori italiani che per l’80% considerano necessario che debba essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione degli alimenti, secondo l’Indagine Coldiretti-Ispo sulle "Abitudini alimentari degli italiani". Un risultato che trova conferma sul mercato dove per la prima volta dopo mesi si avvertono segnali di ripresa per i polli che a Forli, nel principale mercato nazionale, dopo una serie di ribassi consecutivi, hanno spuntato un aumento da 3 a 4 centesimi su base settimanale, portandosi in media a 46 centesimi il chilo. La situazione – sottolineano i coltivatori – resta comunque critica con rilevanti giacenze di prodotto invenduto, preoccupazioni per il futuro di molti allevamenti, difficoltà occupazionali e di reddito per le imprese che potrebbero essere aggravate dall’incertezza sulle misure adottate per fronteggiare la crisi.

La reazione emotiva dei mercati che ha portato alla riduzione di oltre il 50 percento dei consumi di carne di pollo rischia infatti – afferma Coldiretti – di travolgere il comparto avicolo nel quale operano 6000 allevamenti, 173 macelli, 517 imprese di prima e seconda lavorazione che danno complessivamente lavoro a 180mila addetti per una produzione complessiva di 1,13 milioni di tonnellate di carne ampiamente superiore ai consumi interni e un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro, circa il 6,5 percento del valore dell’intera agricoltura italiana. L’Italia è più che autosufficiente nei consumi che vedevano, prima dell’emergenza, la carne di pollo presente nei menu di otto famiglie italiane su dieci anche per il primato della convenienza economica nell’assicurare un apporto proteico adeguato all’organismo


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