Dopo l’Era di Tangentopoli, si apre un’Era di Nuovi Corruttori e di Nuovi Usurai legati ai prodotti strutturati?

La bolla dei prodotti strutturati che ha investito alcune amministrazioni pubbliche è la espressione non pienamente manifesta di una forma di nuova corruzione? E la bolla degli strutturati che investe le imprese è anche la manifestazione di una nuova forma di usura legalizzata? Dopo la Tangentopoli della Prima Repubblica, nella quella gli appalti pubblici erano il principale focolaio d’infezione, è possibile che la Bolla degli Strutturati sia l’epicentro di nuove forme di corruzione e di usura legalizzata?

Sono questi alcuni interrogativi che meritano di essere sollevati, dopo che una recente puntata di Report dedicata ai prodotti derivati ha finalmente (!) suscitato un diffuso sconcerto ed allarme anche presso gli operatori finanziari, e la mia casella di posta si è riempita di sarcastici commenti, con una netta preponderanza per quelli dedicati al caso Bassolino padre-Regione Campania/Bassolino figlio-UBS, alla assai poco democratica (!) indisponibilità della governatrice piemontese Mercedes Bresso a mettere a disposizione del pubblico i contratti derivati sottoscritti dalla Regione Piemonte che sono fonti di ingenti costi futuri a carico dei cittadini piemontesi. Ma anche le cifre dei 900 enti pubblici esposti complessivamente per circa 10 miliardi di euro, i 30 milioni di perdite solo al Comune di Napoli, il crack finanziario del comune di Taranto sono stati tutti argomenti che hanno suscitato interesse ed apprensione nel pubblico.

Compito della politica, di fronte alle degenerazioni sue e dell’economia, non è di sciorinare dei mesti cahiers de doléance. Suo compito è quello di individuare soluzioni legislative per queste degenerazioni. Una commissione parlametare d’inchiesta istituita sull’argomento nella passata legislatura non ha lasciato alcun segno tangibile della volontà/capacità del Legislatore di intervenire sulla materia con facili strumenti di deterrenza.

Come potrebbe intervenire il Legislatore? Senza alcuna pretesa di completezza, alcuni semplici articoli di legge avrebbero come conseguenza di rendere maggiormente rischiosa per gli intermediari l’offerta di prodotti fatta in mala fede od in totale assenza di trasparenza:

1) "nessuna autocertificazione di essere un investitore sofisticato rappresenta automaticamente prova sufficiente per considerare attendibile tale dichiarazione". Questo principio consentirebbe di non scaricare de iure l’intermediario dalle sue responsabilità, se si potesse dimostrare che lo strutturato collocato è stato maliziosamente pensato per generare perdite generalizzate al cliente in tutte o quasi tutte le condizioni di mercato;
2) "i contratti derivati/strutturati che vengono sottoposti alla firma dei clienti devono descrivere numericamente diversi possibili scenari economici alla loro scadenza e, in particolare, debbono illustrare analiticamente il peggior scenario economico possibile, anche valutando il risultato economico congiuntamente alle attività finanziarie del cui rischio vanno a realizzare una copertura". Se un prodotto non realizzasse ciò che dichiara contrattualmente ed accumulasse perdite superiori a quelle ipotizzate contrattualmente nelo scenario peggiore (anche tendendo conto dei guadagni realizzate sulle attività coperte da rischio), il delta-perdita resterebbe di pertinenza dell’intermediario. Descrizioni di perdite possibili eccezionalmente alte dettagliate esplicitamente nei contratti dovrebbero avere il potere segnaletico di mettere in guardia i sottoscrittori minimamente diligenti e, comunque, consentirebbero di identificare inequivocabilmente le responsabilità politiche nelle amministrazioni pubbliche che decidessero di far assumere tale rischi agli enti pubblici da essere governati.

Vale la pena di ricordare che il comma f dell’articolo 26 del Regolamento Attuativo del Testo Unico della Finanza emanato dalla Consob (1998 e successive modificazioni) prevede che "Gli intermediari autorizzati … operano al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d’investimento il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall’investitore".

È un principio generale cui tutti gli intermediari finanziari dovrebbero attenersi, non solo nei rapporti col pubblico dei risparmiatori ma anche con le amministrazioni pubbliche e le imprese. In altre parole, questo articolo largamente dimenticato ed inapplicato indica ad esempio che, laddove con degli strumenti derivati semplici (plain vanilla) è possibile perseguire efficacemente l’obiettivo finanziario che ci si è proposti (ad esempio la copertura del rischio di interesse), ogni altro strumento più complesso e costoso per perseguire quello stesso obiettivo dovrebbe essere bandito. Diversamente ci si addentra, per ignoranza o per pressioni, nel campo minato della speculazione finanziaria.

di Paolo Sassetti


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