Le continue provocazioni e l’atteggiamento derisorio sul posto di lavoro possono configurare un’attenuante per colui che reagisca in modo violento contro i propri "persecutori". Lo ha affermato la Corte di Cassazione (Sezione Lavoro Sentenza n. 17956 del 9 agosto 2006), chiamata a decidere su un provvedimento di licenziamento in tronco di un lavoratore che aveva aggredito fisicamente con calci e pugni un collega all’uscita dello stabilimento.

Nella fattispecie la Suprema Corte ha confermato quanto stabilito nel secondo grado di giudizio ed ha dunque ritenuto eccessiva la sanzione del licenziamento, sostenendo che, nella valutazione del fatto, dovevano essere prese in considerazione le continue provocazioni e derisioni da parte dell’aggredito nell’ambiente di lavoro. La Cassazione ha, in proposito, affermato che "la condotta del dipendente licenziato, pur se riprovevole, perché lo è sempre quella che si impernia sulla violenza fisica o psichica, non fu peraltro del tutto arbitraria e d’impeto", essendo stata la sua reazione "con ogni probabilità" la conseguenza del rancore che era venuto accumulandosi a causa del continuo ed irritante scherno".


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