PREZZI. Conti correnti alle stelle? Il parere dell’ABI e dei consumatori
"Siamo stanchi, stufi di assistere ad una reiterazione basata su analisi vecchie e superate. Stupisce che queste dichiarazioni arrivino da persone che per ruolo dovrebbero tenere presente la realtà dei fatti". E’ la replica del presidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), Maurizio Sella, al Commissario Europeo al Mercato Interno, Charlie McCreevy, che ieri aveva affermato che i conti correnti italiani sono i più costosi.
Secondo i dati forniti dall’ABI il costo di un conto corrente in Italia è in media di 65 euro l’anno, un costo inferiore a quello degli altri Paesi. Al termine del comitato esecutivo di oggi, l’ABI ha diffuso uno studio sui prezzi dei servizi bancari, condotto dalla società di consulenza internazionale Mercer Oliver Wyman e da un apposito gruppo di lavoro con i principali gruppi bancari ed una rappresentanza dei piccoli istituti. Lo studio ha preso in considerazione i servizi di conto corrente (inclusi gli strumenti di pagamento), i servizi di investimento e lo scoperto di conto corrente "ed è giunto alle seguenti conclusioni: se si considera il numero di persone che utilizzano il conto corrente e lo sconto derivante dalla remunerazione delle giacenze, il prezzo medio effettivamente pagato per chi opera sul conto corrente in Italia è di 65 euro, più basso di Francia (94 euro), Spagna (86 euro) e Germania (68 euro).
Ampliando il perimetro della ricerca – ha aggiunto l’ABI – l’Italia é risultata inoltre molto competitiva rispetto agli altri Paesi, con il secondo minor prezzo per lo scoperto di conto corrente e per la compravendita di azioni, e con il prezzo più basso per la compravendita di obbligazioni sia allo sportello che via Internet. Infine se si considerano tali risultati nel più ampio contesto dei servizi finanziari offerte alle famiglie, emerge come i ricavi complessivi per singolo utilizzatore di conto corrente generati dall’insieme dei servizi bancari appoggiati su un conto corrente in Italia sono pari a 754 euro. Un dato, questo, superiore solo a quello della Spagna ma decisamente inferiore agli altri paesi (2.762 euro nel Regno Unito, 2.388 in Olanda, 1.708 in Germania e 1.334 in Francia)".
Secondo l’analisi dell’ABI si ha la conferma "che a differenti comportamenti finanziari della clientela si associano differenti modelli di business degli intermediari finanziari e diverse politiche di prezzo sui conti correnti. In buona sostanza – ha aggiunto ancora l’ABI – le banche che operano in mercati con un più elevato tasso di finanziarizzazione offrono migliori condizioni sui conti correnti perché possono contare su ricavi più elevati sui servizi a maggior valore aggiunto".
Di tutt’altro parere l’Adusbef secondo cui un conto corrente con 11,5 operazioni al mese costa 46,37 euro, cifra che moltiplicata per i dodici mesi dell’anno fa balzare a 556,44 euro l’anno il costo del conto e non 65 euro come affermato dall’ABI.. L’associazione afferma infatti che "con 65 euro il povero e spremuto correntista "soffoca", non riesce neppure a pagare le spese di chiusura del conto corrente a causa di consolidate politiche di cartello (l’ABI fino a pochi anni fa imponeva "Norme bancarie uniformi" alle banche associate) e del protezionismo di un Governatore di Bankitalia, tutt’ora impegnato a difendere l’italianità delle banche: il Governo avrebbe il dovere, in occasione della legge di riforma del risparmio, di trasferire la concorrenza bancaria all’Antitrust per rivitalizzare un settore troppo a lungo protetto",
L’Adusbef ricorda poi come "secondo Capgemini, che ha esaminato i costi in 19 Paesi, per eseguire le più semplici operazioni bancarie in Italia si spendono 252 euro l’anno, contro una media di 108 euro. Ed è attorno a questa cifra che si aggira il costo pagato dai cittadini nella maggior parte dei 19 Paesi. Solo Italia, Svizzera, Germania e Stati Uniti vanno oltre i 108 euro". "Pur essendo le meno virtuose le banche italiane – aggiunge ancora l’associazione – non hanno rinunciato a aumentare i costi, cresciuti in un anno del 9,7 per cento (come ha certificato dall’Istat)".
Adusbef mette poi in evidenza che "alcune banche (Intesa,Unicredit,Capitalia), anche per riconquistare la fiducia tradita, stanno eliminando le spese di chiusura conto per alcune conti particolari e si stanno impegnando a non modificare le condizioni contrattuali sottoscritte, come ha disinvoltamente fatto il rag. Fiorani,con un avviso sulla Gazzetta Ufficiale, per un periodo di 2/3 anni. Questa è la strada maestra, ma occorre anche che venga affrontata la questione nella legge di riforma del risparmio,eliminando la prassi, di modifiche unilaterali peggiorative per gli utenti nei contratti".

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