Lo scorso 5 Agosto 2005 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 181 il decreto del 28 luglio 2005 che fissa i criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, cosiddetto "programma conto energia", con questo provvedimento è ora possibile vendere l’energia elettrica da impianti fotovoltaici direttamente all’ENEL.

A ricordarlo è l’ACU, Associazione Consumatori e Utenti che precisa:
"il decreto fissa tre criteri di incentivazione:

  • Impianti fotovoltaici fino a 20 kWp si può trarne un reddito sotto forma di incentivo di 0,445 € per kWh prodotto per venti anni, inoltre è possibile utilizzare l’energia prodotta per autoconsumo e risparmiare altre 0,17 € utilizzando l’energia prodotta e quindi non riceverla dall’ENEL, l’incentivo è ridotto del 30% per coloro (famiglie) che beneficiano della detrazione fiscale ai sensi della legge 289 del 27/12/2002;
  • Impianti da 20 a 50 kWp si può solo trarne un reddito sotto forma di incentivo di 0,460 € per kWh prodotto, ma non posso utilizzarla per le mie utenze ma dovrò venderla ad una società di distribuzione di energia elettrica (Enel, ACEA o altri);
  • Impianti maggiori di 50 kWp fino a 1 MW si può solo trarne un reddito sotto forma di incentivo massimo di 0,490 € per kWh prodotto, poiché si può decidere quanto richiedere, se richiedessi 0,410 € per kWh prodotto avrò maggiori possibilità di un altro che richiede 0,450 € per kWh prodotto, questo poiché si andrà in gara e avrà più possibilità di accedere al reddito sotto forma di incentivo in conto energia chi offrirà meno incentivo per kWh prodotto".

Secondo l’associazione "L’incentivo sui Kwh prodotti è assimilato a reddito, cosa non preoccupante per coloro che sono imprese e accedono al criterio di incentivo "due e tre", in quanto si è azienda titolare di partita IVA produttrice di un bene o servizio per cui si configura come reddito di impresa prodotto da un investimento e quindi da costi d’impresa decurtabili dai ricavi".

Altro succede – continua l’associazione – per coloro che accedono al criterio di incentivo "uno", essi sono soprattutto le famiglie, e non sono certamente aziende, questo comporta, stando a quanto si desume dal decreto, che esse dovranno richiedere all’Agenzia delle Entrate un numero di partita IVA, questo non significa che diventeranno aziende produttrici, per poter emettere fattura e ricevere l’incentivo sui Kwh prodotti. L’incentivo si cumula al reddito ordinario della famiglia e sarà sottoposto a tassazione, inoltre, l’IVA incamerata si configurerà come debito erariale verso lo stato senza possibilità di compensazione con l’IVA sostenuta negli acquisti in quanto non si è azienda produttrice di un bene, inoltre, l’investimento sostenuto non si configura come costo d’impresa decurtabile dai ricavi, tutto ciò comporta che l’incentivo che le famiglie riceveranno è da depurare da tutti questi oneri diretti ed indiretti, inoltre dovranno praticare una serie di procedure che non sono certamente a loro familiari.

Per l’ACU: "Se le famiglie volessero avvantaggiarsi della detrazione fiscale, unico modo per poter ammortizzare come costo l’investimento sostenuto, il loro incentivo è decurtato del 30% per cui il vantaggio fiscale si annullerebbe".

Per le famiglie si prefigura un percorso a loro sfavorevole, abbastanza accidentato e non privo di incertezze, questo non aiuta la diffusione capillare negli stabili residenziali dell’utilizzo della tecnologia fotovoltaica e quindi della sempre meno dipendenza da energia tradizionale".
L’associazione invita i Ministri competenti ad emettere un provvedimento di interpretazione e chiarimento per evitare che una giusta iniziativa venga completamente svuotata di ogni pratico interesse per i singoli cittadini.


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