Con un severo richiamo al rispetto della normativa italiana e comunitaria in materia di riservatezza e al codice deontologico dei giornalisti, il Garante per la protezione dei dati personali ha vietato a un settimanale di pubblicare i dati identificativi di una giovane donna vittima di un tentativo di violenza sessuale. La donna si era rivolta al Garante dopo la pubblicazione su un settimanale del suo nome, cognome e indirizzo riportati nella cronaca dell’accaduto. Nella segnalazione con cui chiedeva l’intervento dell’Autorità, la vittima dichiarava di non aver mai acconsentito, né in modo implicito né esplicito, alla pubblicazione dei suoi dati personali nell’articolo e confermava solamente di aver avuto un colloquio con una giornalista del settimanale alla quale aveva descritto l’episodio.

Il Garante, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, ha stabilito che la pubblicazione delle informazioni (generalità e indirizzo) riconducibili alla vittima è illecita. La giornalista avrebbe dovuto garantire l’anonimato della donna, in considerazione della particolare natura delle informazioni diffuse, attinenti alla sfera sessuale e pertanto di natura sensibile. Non risulta provato – si legge nella nota dell’Authority – che la giornalista avesse acquisito il consenso dell’interessata, previsto anche dal codice penale (art.734 bis), che punisce la divulgazione non consensuale delle generalità della vittima di violenza sessuale. Tali informazioni sono soggette ad una speciale tutela anche quando sono trattate nell’esercizio dell’attività giornalistica. La divulgazione dell’identità ha esposto inoltre la donna possibili minacce alla propria incolumità.

Per questi motivil’Authority ha vietato al settimanale l’ulteriore diffusione dei dati identificativi della donna.


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