La Coldiretti, dopo una lunga indagine svolta in diversi paesi alla ricerca di falsificazioni e contraffazioni alimentari, ha consegnato direttamente nelle mani del Ministro delle Attività produttive Claudio Scajola, presente alla Conferenza di Honk Kong del Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio), i falsi prodotti "Made in Italy" trovati sul mercato cinese. Si tratta di caciotta e pecorino "naturali e italiani" fatti però stagionare dal latte di mucche e pecore allevate nel distretto di Shanghai e confezionate in Cina con tanto di bandiera tricolore.

Oltre alle imitazioni asiatiche la Coldiretti ha trovato molti altri alimenti stranieri con riferimenti al nostro Paese: Provolone cheese prodotto negli Stati Uniti, autentico Parmesan australiano, conserva "La contadina nello stile di Roma" prodotta da pomodori californiani etc.

"La ricerca nei supermercati cinesi dimostra che i prodotti falsi sono arrivati prima di quelli originali e ne hanno occupato il mercato come dimostra il fatto che – ha sottolineato la Coldiretti – sia stato trovato al momento neanche un pezzo di parmigiano reggiano originale nonostante abbia avuto il via libero all’esportazione in Cina, dopo molte traversie. Ma quello più grave è – sottolinea la Coldiretti – il comportamento di quei Paesi che, nell’ambito del Wto, almeno apparentemente, chiedono una maggiore liberalizzazione degli scambi e sono in realtà leader nelle falsificazioni alimentari che esportano sul mercato globale: dagli Stati Uniti all’Australia. E’ preoccupante che la conferenza ministeriale non abbia ancora dedicato adeguato spazio a questi temi che sono sotto gli occhi di tutti soprattutto qui in Cina dove – ha denunciato l’Associazione – è impossibile non vedere gravi episodi di mancato rispetto della proprietà intellettuale che riguardano oltre il cibo, i grandi marchi della moda, orologi, penne, occhiali e molti altri prodotti, quali i tessuti, come ha denunciato anche la Federazione Moda di Confartigianato".

"Secondo una recente ricerca Nomisma -dichiara la Coldiretti – circa un piatto "italiano" su tre è falso e i prodotti taroccati sviluppano un fatturato pari ad oltre 50 miliardi di Euro all’anno". E’ Fondamentale l’etichettatura indicante la provenienza dei singoli prodotti, con l’indicazione del luogo di allevamento o coltivazione dei componenti contenuti negli alimenti per non ingannare i consumatori che acquistano sul mercato globale. "Il commercio internazionale – prosegue il comunicato – si difende anche con la trasparenza delle informazioni ai consumatori. Il raggiungimento di un accordo su questi temi rientra tra gli interessi nazionali prioritari nel negoziato perchè per l’Italia significherebbe lo stop alla "pirateria agroalimentare" che nel mondo continua ad utilizzare impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale".


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