L’Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o ambientale (AMICA) si schiera contro il documento redatto dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (SIMILII) sulla sensibilità chimica multipla. "Qualsiasi trattazione scientifica sulla Sensibilità Chimica Multipla (MCS) – si legge nella nota di dissenso – non può prescindere dalla considerazione della complessità della letteratura medica esistente e della delicatezza dell’argomento che ha delle forti e implicite ripercussioni politico-economiche, visto che il riconoscimento di tale patologia metterebbe in crisi le attuali nozioni sui limiti di sicurezza di esposizioni a sostanze tossiche, particolarmente a quelle contenute nei prodotti d’uso comune".

In particolare AMICA dissente sulla scelta del SIMILII di tacere sulle centinaia di studi su malati di MCS che dimostrano come i sintomi fisici, neurologici e comportamentali, rilevabili nei malati di MCS, si attivino solo in seguito ad esposizioni chimiche, anche se inodore (come il monossido di carbonio), e scompaiano allontanandosi dalle stesse.

E’ proprio di quest’anno – prosegue la nota – uno studio dell’Università di Tokio che dimostra come i pazienti con MCS non abbiano né sintomi somatici né psicologici in condizioni libere da sostanze chimiche. Le reazioni si attivano solo in caso di esposizione.

A sostegno della sua tesi, Amica riporta le conclusioni di uno studio pubblicato sullo "Scandinavian Journal of Work Environment and Health" nel 2003 ha concluso che i malati di MCS esposti a sostanze chimiche sviluppano, rispetto al gruppo di controllo di persone sane, un livello misurabile più alto di irritazione alle mucose, fatica e riduzione della performance. Questi risultati rivelano la natura irritativa della Sensibilità Chimica Multipla, escludendo che le reazioni dei malati siano effetto di suggestione o ansia.

Del pari, Amica ritiene inaccettabili anche le conclusioni del SIMLII per cui "non è possibile definire una causa perché cause oggettivabili non esistono" o che quella di MCS sarebbe una " ‘diagnosi’ inutile, perché riferita a patologia inesistente". Le cause, cioè le esposizioni chimiche a basse dosi, esistono e producono fenomeni di accumulo rilevabili nel sangue, nei grassi e persino nel cordone ombelicale, con conseguenze accertate sulla salute, come patologie ormonali, neurologiche e cancro.

Continuare a negare l’esistenza della MCS e la sua preoccupante diffusione porterà inevitabilmente ad un ritardo drammatico di comprensione e di risposta al fenomeno, sia da parte dei medici che delle istituzioni.

Accusare di autoreferenzialità i pochi medici italiani che pionieristicamente affrontano questo problema, così come tentare di spaventare i malati suggerendo il rischio di loro strumentalizzazioni, è moralmente discutibile, soprattutto perché in Italia la MCS è già una realtà per centinaia di cittadini e lavoratori, costretti ad attivarsi per difendere il proprio diritto alla salute sancito dalla Costituzione Italiana (Art.32).


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