Più autonomia per le scuole, più potere ai presidi e meno centralismo. Queste le principali domande avanzate oggi a Roma ad un seminario della Fondazione per la Scuola sul rapporto Stato, Regioni ed Enti locali. L’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer fa il punto della situazione: "C’è stato un cambiamento della Costituzione qualche anno fa che ha decentrato i compiti dello Stato verso la scuola. Se prima era soltanto il ministero della Pubblica Istruzione che si occupava della sfera decisionale, oggi di molte cose si devono occupare le Regioni, i Comuni e le Province. Si è creato un nuovo sistema che è figlio di questa Italia delle autonomie, non c’è più soltanto l’Italia del vecchio Stato centralizzato. Però bisogna ancora capire come le diverse istituzioni debbano lavorare per assolvere al meglio i diversi compiti".
Secondo Berlinguer, insomma, manca ancora una normativa applicativa che dia forma a quella normativa di principi che è stata emanata negli ultimi anni.

Dello stesso avviso, Lorenzo Caselli Presidente della Fondazione per la Scuola, che spiega in proposito della modifica dell’articolo quinto della costituzione del 2001: "L’autonomia non è un fatto tecnico ma costituzionale, com’è un fatto costituzionale il principio di sussidiarietà. Le scuole possono e devono venir affidate a loro stesse, agli insegnanti, ai dirigenti scolastici, alle famiglie e ai giovani stessi". Che poi sulla carta la rifoma c’è stata, ma "le riforme richiedono uno spostamento risorse e questo fin ora non è avvenuto". Secondo Caselli è necessaria dunque una spinta legislativa a livello nazionale e regionale da inserire fra le priorità di governo.

Ma quali sono i cambiamenti pratici invocati oggi? A rispondere è Osvaldo Pavese di Treelle, l’altra associazione che ha promosso il seminario: "L’aspetto centrale riguarda l’autonomia di bilancio delle scuole, che ad esempio non gestiscono ancora gli stipendi. Sarebbe auspicabile fissare uno stipendio minimo per gli insegnanti e una serie di incentivi stabiliti dal preside per i professori più meritevoli". I poteri del preside sono infatti un altro punto centrale. "Oggi come oggi il preside non presiede praticamente nulla – continua Pavese -, è una figura senza poteri e invece dovrebbe avere importanti funzioni come la nomina e la revoca del personale docente". Un preside-manager dunque? "Sì, un preside in grado di migliorare la competitività della scuola, se così vogliamo dire".

Per l’associazione Treelle, uno dei grandi limiti della scuola italiana è il centralismo. "Basti pensare che sono circa 63.000 le circolari che i docenti dovrebbero conoscere alla perfezione. Ce n’è una che stabilisce addirittura il tono della voce che dovrebbe avere il docente", chiosa Pavese. Chi sono invece gli scettici che non credono a questa formula "liberale"? "Le vocazioni centralistiche sono il freno più forte – spiega ancora il presidente della Fondazione per la Scuola – e sono vocazioni trasversali". A conferma della validità delle loro tesi gli animatori del seminario portano i casi di Inghilterra, Ungheria e Paesi Bassi, nazioni in cui la quasi totalità delle decisioni più importati relative al personale, metodi didattici e libri di testo vengono prese direttamente dalla scuole o da istituzioni territoriali.


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