SICUREZZA ALIMENTARE. Acido cloridrico nel mosto, la reazione dei consumatori e degli agricoltori
"L’arresto di un viticoltore veronese per sofisticazione alimentare da parte dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato, in collaborazione con l’Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità dei Prodotti Agroalimentari (ICQ), è la conferma di come contro le frodi alimentari sia sempre di più necessaria l’azione congiunta di tutte le forze preposte al controlli". Questo il commento di Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino (MDC) alla notizia della scoperta nella cantina del viticolotore, già coinvolto nello scandalo metanolo, di 810 ettolitri di vino rosso e 860 di vino bianco da tavola, ancora in fase di fermentazione, oltre a 60 litri di acido cloridrico e solforico e a 60 chili di zucchero. Gli esami chimici effettuati hanno accertato l’uso di oltre il 40 per cento di zucchero, il 50 per cento di acqua e la presenza di acido cloridrico e solforico.
Secondo quanto emerge dal Rapporto sulla sicurezza alimentare, "Italia a Tavola 2007", di MDC), il comparto vitinicolo, oltre ad essere uno dei più colpiti dalle frodi, è anche tra i più controllati: circa 1.400 le ispezioni svolte dai Carabinieri dei Nas e oltre 7.200 operatori controllati dall’ICQ. Molte le violazioni delle norme sull’etichettatura come quelle relative all’annata o al vitigno o alla mancanza delle indicazioni obbligatorie. Nel 2006, è però diminuito il valore dei sequestri, per quanto riguarda i dati dei Nas, che passa dal oltre 32milioni di euro agli attuali euro 7.207.489.
"L’etichetta – conclude il presidente di MDC – è la carta di identità di tutti i prodotti. E anche se la sua conformità non può garantire in pieno la sicurezza e la qualità, ad esempio, di una bottiglia di vino, è importante leggerla sempre, in particolare le indicazioni obbligatorie: il nome della regione da cui i vini provengono e dell’imbottigliatore, il volume nominale, il titolo alolometrico e il lotto di produzione".
Coldiretti ha invece ricordato come lo scandalo del vino al metanolo del 1986 abbia determinato uno shock profondo nella società con la perdita di vite umane, persone rimaste accecate o intossicate e arresti che hanno messo a nudo lo stretto legame che unisce il cibo consumato tutti i giorni con la salute ed anche minato profondamente la credibilità del Made in Italy alimentare in Italia e nel Mondo. Ma – sostiene la Coldiretti – lo scandalo del vino al metanolo ha rappresentato anche uno spartiacque con il passato ed una metafora per il futuro come esempio di un settore che ha saputo rigenerarsi ed acquisire una posizione di leadership mondiale. Dopo venti anni – precisa la Coldiretti – la produzione nazionale di vino è stata di poco superiore ai 40 milioni di ettolitri quasi dimezzata rispetto al 1986 mentre è raddoppiata quella di vini a denominazione con 469 vini Docg, Doc e Igt rispetto ai 228 di allora. Dopo il grande percorso di valorizzazione qualitativa che ha portato il vino italiano alla conquista di ripetuti successi occorre insistere – afferma la Coldiretti – sulla strada della "tolleranza zero" nei confronti di episodi che causano un danno economico e di immagine gravissimo.
Anche la Cia (Confederazione italiana agricoltori) esprime apprezzamento per l’operazione condotta a Verona dalla Forestale e ribadisce che per l’agropirateria va ricercato un’intesa a livello di Wto per sconfiggere un problema che crea danni rilevanti al "made in Italy". In particolare la confederazione sottolinea l’esigenza di un’effettiva tutela dell’agroalimentare italiano. Purtroppo oggi, soprattutto a livello internazionale, assistiamo ad un assalto continuo da parte degli agropirati. Dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli è un continuo di "falsi" e di "tarocchi" che rischiano di provocare danni rilevanti non solo alle nostre Dop, Igp e Stg, che rappresentano la punta di diamante delle nostre esportazioni ne mondo, ma anche tutti i prodotti tipici che hanno un forte legame con il territorio.
Il fenomeno dell’agropirateria -sottolinea la Cia – sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai non c’è più da stupirsi nel ritrovare, anche attraverso Internet, il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina. Occorre, quindi, che l’Ue s’impegni a livello internazionale per cercare di trovare un’intesa nella Wto in grado da contrastare e sconfiggere questo fenomeno. La Cia ribadisce, comunque, che contro chi sofistica i prodotti alimentari, mettendo a repentaglio la salute stessa dei cittadini, va usato il pugno duro. Non ci deve essere alcuna tolleranza. La sicurezza alimentare va garantita in maniera assoluta.