In Italia si contano quasi sei milioni di analfabeti, pari a circa il 12% della popolazione. È il dato più allarmante che emerge dalla ricerca «La Croce del Sud -arretratezza e squilibri educativi nell’Italia di oggi» condotta da Saverio Avveduto e pubblicata dall’U.N.L.A. (Unione Nazionale Lotta all’Analfabetismo) dell’Università di Castel Sant’Angelo di Roma dedicata all’analisi del sistema scuola-società nell’Italia dei nostri giorni.

La ricerca, illustrata oggi a Roma alla presenza di Sergio Zavoli e di Tullio De Mauro, ordinario all’Università di Roma ‘La Sapienzà, basata sui dati Istat relativi all’ultimo censimento del 2001, evidenzia come i cittadini italiani, per quanto riguarda la scolarità formano una piramide appuntita. Al vertice, 7,5% di laureati, circa quattro milioni, alla base 36,5%, ben cinque volte, di italiani senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare: circa 20 milioni di italiani sui 53 censiti. «Impressionante poi – sottolinea Avveduto – la platea degli analfabeti totali e dei ‘nessun titolò pari a 5.981.579. Quasi 12 italiani su 100, cioè, sono oggi analfabeti».

Se a questi, rileva ancora la ricerca, si sommano i possessori della sola licenza elementare o della sola scuola media, titoli del tutto insufficienti a vivere e produrre nel mondo di oggi, la popolazione di «illetterati», quelli che la ricerca definisce «ana-alfabeti» ovvero del tutto analfabeti o appena alfabeti raggiunge quasi 36 milioni di persone, pari al 66% degli abitanti del Belpaese. Disaggregando per regione i dati nazionali emergono situazioni inquietanti: ben nove regioni sono oltre il limite che gli studiosi considerano di allarme per popolazione senza titolo di studio: l’8%. La regione più analfabeta è la Basilicata con il 13,8%, seguita dalla Calabria con il 13,2%, dal Molise con il 12,2%, dalla Sicilia (11,3%), dalla Puglia (10,8%), dall’Abruzzo (9,8%), dalla Sardegna (9,1% e , infine, dall’Umbria con l’8,4%: è quella che Avveduto definisce «la Croce del Sud». Sorprendentemente, però, al cune di queste regioni hanno un alto tasso di laureati. Contraddizione, questa definita dall’autore «tenaglia educativa».

La Calabria, ad esempio, ha più laureati della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia Romagna e del Veneto. Ha fatto quindi eco l’ex ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro, che ha evidenziato come non solo è vero che in Italia vi sono pochi laureati ma è anche vero che questi sono anche sottoutilizzati dal mondo produttivo. «Il trasferimento di risorse da una parte all’altra del paese – ha aggiunto – è inutile senza un alto livello di istruzione e un basso livello di microcriminalità». Occorre quindi «aggredire» questa grande massa di analfabeti che «non pesa solo sul sistema produttivo ma anche su quello scolastico». E, secondo De Mauro, una possibilità viene dall’educazione permanente degli adulti. «Gli investimenti nell’istruzione – ha concluso – sono investimenti a lungo termine, mentre gli investimenti in educazione degli adulti è un investimento immediato». Anche brevi periodi di formazione, infatti, sono sufficenti a «riattivare il livello di scolarità formale».

Per maggiori informazioni visita il sito dell’Università Castel Sant’Angelo.


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