SOCIETA’. Risparmio, calabresi più formiche che cicale. Lo rileva l’Eurispes
Calabresi più formiche che cicale ma che non esitano a manifestare un maggiore ottimismo per l’immediato futuro rispetto all’anno appena trascorso.. E’ quanto emerso dalla ricerca condotta dall’Eurispes Calabria sulla regione. In generale, per il 2006, il 25,6% degli intervistati dimostra fiducia nel futuro economico della Regione, anche se in maniera lieve, rispetto al 2005 (in cui risultavano pari al 19,2%) sale la percentuale degli ottimisti.
Sotto l’analisi dell’istituto di ricerca la questione del risparmio: chiamati a rispondere se nel corso dei prossimi dodici mesi si riuscirà a risparmiare di più o di meno rispetto al 2005, i cittadini hanno manifestato un orientamento abbastanza chiaro confermando le tendenze rilevate agli inizi del periodo precedente: anche se, rispetto al 2005 si registra una diminuzione (-7 punti percentuali), resta ancora elevata la percentuale di coloro che vedono diminuire le possibilità di risparmio nel 2006, il 39,8% a fronte del 46,8% riscontrato nella precedente rilevazione. A seguire, ma con uno scarto di oltre 16 punti percentuali, l’orientamento di coloro i quali pensano di risparmiare più o meno nella stessa misura: il 23,1% a fronte del 25,5% del 2005. Ancora, cresce di 4,5 punti percentuali il numero di calabresi convinti di non riuscire a fare "salvadanaio" per il 2006, il 13,6% contro il 9,1% dell’anno appena trascorso. Sul fronte opposto, e con incremento rispetto all’anno precedente (15,9%) di oltre 5 punti percentuale la quota di intervistati, il 21,4%, che mostrano la maggiore propensione al risparmio.
Ma come verranno principalmente investiti i risparmi? Rispetto all’anno appena trascorso – si legge in una nota – occorre rilevare che la composizione del portafoglio investimenti dei calabresi non subirà grandi cambiamenti. Vediamo, in dettaglio, le strategie di investimento che essi attiveranno per il prossimo 2006. Nonostante si registri una flessione di -5.3 punti percentuali, resta elevato il numero di risparmiatori, il 15,8% a fronte del 21,1% del 2005, orientati verso gli investimenti immobiliari; il mattone, dunque, rappresenta ancora il bene rifugio maggiormente preferito dai calabresi. Crescono, rispetto al 2005 (di 3,8 punti percentuali), le preferenze, pari al 9,4%, verso i fondi comuni di investimento, a cui fanno subito seguito, con il 9,1%, gli strumenti assicurativi (fondi pensione e assicurazioni sulla vita) e le azioni con l’8,4%; anche verso quest’ultime si registrano maggiori preferenze, nel 2005 erano pari al 6,4%. Buona parte dei calabresi, quindi, sembra dimostrare maggiore attenzione verso gli andamenti del mercati borsistici che, nell’ultimo anno, hanno segnato una ripresa che fa ben sperare per il futuro aumentando le aspettative di una maggiore redditività dei risparmi investiti. Fra il ventaglio degli strumenti finanziari proposti, in coda si collocano, secondo i calabresi, i buoni postali (5,9%), i titoli di stato (4,7%) le obbligazioni (3,1%) e i certificati di deposito (1,1%). Una valutazione a parte, infine, merita il 35,1 per cento del campione intervistato (nel 2005 era pari al 30,8%) che per il prossimo 2006, non ha in programma alcun investimento; non è interessato ad utilizzare alcuno strumento finanziario e preferisce, dunque, tenere i propri risparmi sul conto corrente. Quest’ultimo dato, in conclusione, ci dice che fra i calabresi permane ancora e aumenta un clima di sfiducia e di incertezza verso il futuro che ostacola o rinvia le loro scelte di investimento.
Dalla ricerca è emerso che la Calabria è terzultima nella classifica dei comuni più autonomi d’Italia e 11° nel livello di impegno federale (LIF). Secondo l’Eurispes, questi dati mostrano come la regione sia tra le regioni più lente del Paese nell’avviare i processi di decentramento fiscale e amministrativo. Vicini alla posizione della Calabria, le amministrazioni comunali della Sicilia, della Basilicata e del Molise, penalizzate principalmente da un’alta dipendenza erariale, che registra il suo valore massimo tra i comuni siciliani (41,7%) e calabresi (41,4%), e da bassi livelli di autonomia finanziaria e impositiva. Di contro, dimostrano di essere più autonome le amministrazioni comunali del Nord: in testa alla graduatoria, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna. È quanto emerge, da uno studio dell’Eurispes nel quale si è voluto evidenziare, partendo dal monitoraggio dei conti consuntivi delle amministrazioni locali (relativi al triennio 2001-2003) e dalla valutazione di alcuni indicatori economico-strutturali che concorrono a determinare il grado di autonomia di un Ente pubblico, lo sforzo realizzato, dalle realtà comunali, nell’ottica del federalismo.
A rendere ancora più difficoltoso il cammino della devoluzione finanziaria è il rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno ai quali sono sottoposti gli enti decentrati: è in questa direzione che vanno i provvedimenti "taglia spese" contenuti nelle ultime leggi finanziarie. Sulla base della nuova Legge Finanziaria 2006, il risparmio "forzato", ai fini della realizzazione degli obiettivi della finanza pubblica per l’anno prossimo, dovrebbe interessare le spese correnti degli enti locali, ad esclusione delle spese per il personale e le spese sociali, che potrebbero subire un taglio del 6,7%. L’Eurispes, nel tentativo di tracciare una situazione prospettica sulle possibili conseguenze che una riduzione di parte della spesa corrente avrebbe sui bilanci delle Amministrazioni comunali, ha provato a stimare, partendo dall’analisi del quadro finanziario dei Comuni, in che misura tale riduzione possa incidere sul livello di pressione tributaria. In altri termini, si è cercato di stimare l’aumento della tassazione locale necessaria affinché gli Enti comunali possano "pareggiare" i bilanci per continuare a garantire e/o migliorare il livello dei servizi ai cittadini. Il taglio del 6,7% su parte delle spese correnti delle Amministrazioni comunali delle regioni a statuto ordinario previsto dal nuovo disegno di Legge Finanziaria ammonterebbe a quasi 1.400 milioni di euro. Un "risparmio forzato" ottenuto dalle spese correnti di ogni singola regione al netto della spesa sociale e della spesa per il personale.
Dall’analisi dei dati emerge che a subire il maggiore contraccolpo, in termini di incremento delle entrate tributarie, sarebbero le Amministrazioni comunali delle regioni del Mezzogiorno (8,6%), le quali godono di una minore autonomia finanziaria e impositiva. A seguire gli enti comunali del Centro con un più 6,5% e del Nord con un aumento del 5,9%. In particolare, l’inasprimento della tassazione locale riguarderebbe principalmente i Comuni della Calabria con 10,2% e del Molise con il 10,6%, quelli della Basilicata (9,2%) e della Campania (8,3%). Di contro, si ipotizza una minore pressione fiscale soprattutto nei Comuni delle Regioni del Nord che presentano maggiori livelli di autonomia. Valori al di sotto della media delle Regioni a Statuto Ordinario (6,6%) si registrano, infatti, in Emilia Romagna, in cui si prevede un aumento del gettito fiscale pari al 4,4%, in Lombardia, con un incremento potenziale dell’imposizione pari al 5,4% e a seguire: Liguria e Veneto (5,6%) e Toscana (5,9%).