Acqua, in Italia si prelevano 33 miliardi di metri cubi. Se ne perde il 22% (foto pixabay)

In Italia si prelevano più di 33 miliardi di metri cubi di acqua l’anno ma se ne perde il 22%. Fra i settori che più richiedono acqua ci sono quello agricolo, al 55%, seguito dall’industria (27%) e dagli usi civili (18%). L’acqua è risorsa preziosa che più soffre della sbagliata gestione, dell’uso eccessivo ed è particolarmente sensibile all’inquinamento nonché al rischio di diminuire drasticamente a causa di siccità ed eventi climatici estremi. La gestione dell’acqua va migliorata in tutti i suoi aspetti. A ribadirlo è il Forum Acqua “L’impronta idrica come strumento di adattamento alla crisi climatica” organizzato da Legambiente in collaborazione con Utilitalia. L’invito dell’associazione ambientalista è quello di usare l’impronta idrica per migliorare l’uso dell’acqua e come strumento di adattamento alla crisi climatica.

Acqua, risorsa preziosa e fragile

«L’acqua è la risorsa naturale che più soffre problemi di sbagliata gestione, di eccessivo uso e la più sensibile all’inquinamento – spiega Legambiente –  Ad incrementare la sua vulnerabilità è la forte crescita di eventi climatici estremi – come eventi meteorici molto intensi e lunghi periodi di siccità – che causano danni ai territori, alle attività produttive, alla salute dei cittadini e agli ecosistemi».

In Italia ogni anno, spiega Legambiente, si consumano oltre 26 miliardi di m³ di acqua: il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. Il prelievo di acqua supera però i 33 miliardi di m³ l’anno. I consumi rappresentano infatti poco meno del 78% dei prelievi a causa di un ammontare di perdite pari a circa il 22% del prelievo totale.

L’impronta idrica dell’Italia è stimata in 130 miliardi di m³ all’anno – una delle più alte d’Europa – di cui il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero.

 

 

Impronta idrica, di cosa si tratta?

L’impronta idrica è un indicatore che misura il consumo di acqua dolce. È il volume complessivo di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi utilizzati da una persona, una comunità o un’organizzazione.

Il punto di partenza è che tutto quello che usiamo, indossiamo e mangiamo richiede acqua per essere prodotto.

«L’impronta idrica misura la quantità di acqua utilizzata per produrre ciascuno dei beni e servizi che utilizziamo. Può essere misurata per un singolo processo, come la coltivazione del riso, per un prodotto, come un paio di jeans, per il carburante che mettiamo nella nostra auto, o per un’intera multinazionale. L’impronta idrica può anche dirci quanta acqua viene consumata da un determinato paese – o globalmente – in uno specifico bacino fluviale o da una falda acquifera». (Fonte: Water Footprint network).

Acqua, Legambiente: approccio basato sull’impronta idrica

La proposta di Legambiente in occasione del Forum Acqua è allora quello di adottare un approccio basato sull’impronta idrica per assumere un atteggiamento più responsabile e sostenibile lungo tutto il ciclo dell’acqua.

Questo significa migliorare la gestione dell’acqua e ridurre i rischi dello sfruttamento eccessivo e dall’inquinamento, cambiare il modello di gestione dell’acqua in città, rendere i processi più sostenibili e aumentare la consapevolezza dei consumatori e dei produttori in tema di acqua.

Fra le azioni suggerite a partire dell’uso dell’impronta idrica, c’è ad esempio quella di raccontare al consumatore, tramite un’etichetta posta sui prodotti, l’impatto che questo ha sulle risorse idriche, indirizzandolo verso consumi più consapevoli. Ridurre le perdite degli acquedotti. Attuare la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, ridurre i consumi di acqua “nuova” nei processi industriali e passare a un’agricoltura meno energivora.

Aggiunge Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente: «Alla Vigilia della COP27 e in un anno che sarà ricordato tra più caldi ed aridi di sempre per effetto della crisi climatica, apriamo ancora un dibattito con i vari protagonisti dei diversi settori, condividendo esperienze, progettualità e investimenti, cercando di delineare una strategia per la transizione ecologica sul tema acqua, rendendo sempre più sostenibile la nostra impronta idrica sulla Terra».


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