Benessere di scrofe e suini allevati, Essere Animali: quadro sconfortante

Benessere di scrofe e suini allevati, Essere Animali: quadro sconfortante (Foto di Alexa da Pixabay)

Oggi l’organizzazione Essere Animali ha presentato il progetto Aziende sotto osservazione, con cui sono state valutate le comunicazioni pubbliche di otto aziende italiane produttrici di salumi – tra cui anche prodotti DOP come il Prosciutto di Parma – per analizzare come viene affrontato il benessere di scrofe e suini allevati per la produzione di carne.

Undici i criteri alla base della valutazione, inserita all’interno della campagna di Essere Animali SOS Pig e pensata per fornire ai consumatori uno strumento semplice con cui poter conoscere l’impegno di ciascuna azienda a eliminare le principali problematiche di benessere animale dalle proprie filiere: dall’utilizzo di gabbie per le scrofe durante gravidanza e allattamento al ricorso a mutilazioni dolorose come il taglio della coda, dalla riduzione del consumo di antibiotici all’utilizzo di certificazioni significative e trasparenti.

“Delle otto aziende analizzate, solo una (Fumagalli Industria Alimentari) – specifica Essere Animali – ha una politica pubblica in cui affronta tutte le undici priorità in tema di scrofe e suini, impegnandosi a garantire alle scrofe un futuro senza gabbie, l’assenza di mutilazioni come il taglio della coda e dei denti e la presenza di una lettiera in paglia su cui grufolare e riposare. Tra le altre sette aziende analizzate, purtroppo, i risultati della valutazione sembrano indicare che manchino ancora impegni concreti ad affrontare le reali criticità di benessere di scrofe e suini, con ben due aziende (Casa Modena e Fiorani) che sembrano non avere assunto nessun impegno significativo”.

Benessere di scrofe e suini, l’uso delle gabbie

“Uno dei punti principali analizzati dal progetto è l’allevamento in gabbia delle scrofe, che per legge possono essere confinate per quasi metà della loro vita: una condizione in cui sono costrette quasi 500 mila scrofe nel nostro Paese – spiega l’organizzazione. – Anche un recente sondaggio condotto da YouGov per Essere Animali ha evidenziato come questo sistema di allevamento sia considerato inaccettabile dagli italiani, con quasi il 75% di persone che si dichiara contrario, in tutti i prodotti o almeno in quelli DOP, dopo aver visto immagini di scrofe in gabbia”.

Nonostante questo, secondo l’indagine di Essere Animali – “a parte Fumagalli nessuna delle altre aziende analizzate ha un impegno pubblico ad abbandonare le gabbie per le scrofe, neanche per parte della loro filiera. Un aspetto che potrebbe fortemente confondere i consumatori, dato che tra queste, ben cinque (Citterio, Fiorani, Fratelli Beretta, Levoni, Rovagnati) incentrano una parte importante della loro comunicazione sottolineando l’importanza per il benessere animale, nonostante appunto l’assenza di impegni ad abbandonare le gabbie per le scrofe”.

Il taglio della coda, una pratica dolorosa per gli animali

Anche in tema di taglio della coda e arricchimenti ambientali, due requisiti che sono obblighi di legge, il quadro non appare troppo positivo.

“La metà delle aziende analizzate – spiega l’Organizzazione – non ha un obiettivo pubblico a eliminare il taglio della coda e, delle restanti quattro, solo una ha un impegno che copre tutti i propri allevamenti, mentre per le altre tre l’impegno copre solo una delle loro linee di prodotto. Oltre a essere illegale se effettuato in maniera sistematica, il taglio della coda è una pratica dolorosa per gli animali, che si rende necessaria quando l’ambiente in cui sono allevati è inadeguato a soddisfare le loro esigenze, a partire dall’espressione di comportamenti naturali come grufolare”.

Aziende sotto osservazione offre uno strumento semplice con cui valutare due temi ritenuti fondamentali per lo sviluppo sostenibile delle filiere alimentari: benessere animale e trasparenza – dichiara Elisa Bianco, responsabile di Corporate Engagement di Essere Animali. – Eppure i dati che emergono destano interrogativi preoccupanti, che speriamo aziende e certificatori si impegnino ad affrontare quanto prima: qual è il reale impegno per il benessere animale se si continuano ad allevare scrofe in gabbia? Quale garanzia possono offrire enti di certificazione che non rendono disponibili i loro standard?”.


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