Neet, in Italia 3 milioni di giovani non studiano e non lavorano

Sono 3 milioni in Italia i Neet, i giovani che non studiano e non lavorano. L’Italia è il paese europeo che detiene il più alto numero di giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, né studiano: nel 2020 sono appunto più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. L’incidenza dei Neet raddoppia nel Sud rispetto al Nord, è maggiore tra le donne, nelle due fasce d’età più adulta, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%). Più si cresce con l’età, più aumenta la loro quota. Nel Mezzogiorno i giovani che non studiano, non lavorano e non sono coinvolti in percorsi di formazione sono il 39%. Tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%.

È un quadro caratterizzato da disuguaglianze e divari territoriali e di genere quello che emerge dal Rapporto di ActionAid e CGIL “NEET tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, presentato oggi a Roma.

Neet e disuguaglianze

Ci sono grandi divari territoriali nel fenomeno Neet. Nel Sud Italia c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto alte di Neet per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%).

Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%). I Neet sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrazione che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione.

Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei Neet: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine; tra questi c’è un’ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri Neet rispetto al 3% di padri. Fra le donne la motivazione all’inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro. I Neet italiani sono per la maggior parte inattivi – coloro che, scoraggiati, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile.

 

giovane donna
In Italia aumentano i Neet, soprattutto fra le ragazze

 

Neet, chi sono?

Il rapporto definisce poi alcune sottocategorie che aiutano e fotografare meglio il fenomeno dei giovani che non studiano e non lavorano. Ci sono così i giovanissimi fuori dalla scuola: hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Hanno la licenza media e rappresentano un gruppo abbastanza residuale ma trasversale a tutta Italia. Un secondo gruppo raccoglie i giovani dai 20 ai 24 anni, senza precedenti esperienze lavorative e Alla ricerca di una prima occupazione, residenti nel Mezzogiorno, con la cittadinanza italiana e il diploma di maturità. Si tratta di un gruppo, il più numeroso, che mette in luce la fragilità del mercato del lavoro nel Sud.

Il terzo gruppo descrive gli Ex occupati in cerca di un nuovo lavoro. Hanno tra i 25 e i 29 anni, hanno perso o abbandonato un lavoro e ora sono alla ricerca. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese. Infine, ci sono gli Scoraggiati: giovani dai 30 ai 34 anni con precedenti esperienze lavorative e ora inattivi. Sono principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane. Incidono in questo gruppo il genere femminile e il nucleo familiare composto da una coppia senza figli.

«Le disuguaglianze strutturali del Paese incidono sulla condizione di NEET, ma rivelano anche quanto la sofferenza vissuta da un’intera generazione di giovani sia, purtroppo, trasversale, complessa e profonda», dicono Cgil e Action Aid.

Ha detto Katia Scannavini, Vicesegretaria generale ActionAid Italia: «Destrutturare il fenomeno NEET e decostruire gli stereotipi che per anni hanno ostacolato la realizzazione di politiche adeguate sono passi essenziali da fare. Servono politiche integrate, sostenibili nel tempo e che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo tra le cause della condizione di NEET le disuguaglianze che attraversano l’intero Paese. È necessario ripensare ai servizi, lavorare a stretto contatto con i territori, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità. Prevenire e contrastare il fenomeno NEET significa per ActionAid garantire giustizia economica e sociale alle nuove generazioni, l’esercizio dei propri diritti, l’accesso ad eguali opportunità, indipendentemente dalla condizione socioeconomica di partenza, dal genere, dalla cittadinanza e dalla Regioni in cui si vive».


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