Scuola e povertà educativa, Save the Children: dispersione scolastica al 12,7%, Neet quasi un giovane su quattro
“Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” è il dossier diffuso oggi da Save the Children. La dispersione scolastica è al 12,7%. I Neet fra i giovani 15-29 anni sono al 23,1%
Scuola, disuguaglianze, povertà educativa. Il nuovo rapporto di Save the Children mette in evidenza un cortocircuito fatto di dispersione scolastica ancora troppo alta e giovani Neet che ormai sono quasi uno su quattro a livello nazionale. E sottolinea ancora una volta quanto la scuola potrebbe fare contro la povertà educativa (una scuola fatta di tempo pieno, mensa, offerta di servizi) e quanto invece la scuola sia più “povera” nei territori e nelle regioni dove la povertà minorile è maggiore.
Scuola e disuguaglianze in Italia
“Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” è il dossier diffuso oggi da Save the Children.
I numeri di partenza: in Italia già nel 2021 la povertà assoluta riguardava riguardava 1 milione e 382mila minori nel nostro Paese, il 14,2%, in crescita rispetto al 2020 (13,5%). L’impoverimento dei bambini e degli adolescenti, in crescita in questi anni, si accompagna a un quadro preoccupante anche dal lato della povertà educativa.
L’impoverimento educativo, dice Save the Children, «sconta ancora gli effetti di Covid e Dad, soprattutto fra i minori già in svantaggio socioeconomico».
Dispersione scolastica e Neet
La dispersione scolastica è al 12,7%. I Neet fra i giovani 15-29 (senza scuola, lavoro e formazione) sono al 23,1%.
«Il 9,7% degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione “implicita”, cioè senza le competenze minime necessarie (secondo gli standard INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università, mentre il 12,7% dei minori non arriva neanche al diploma delle superiori, perché abbandona precocemente gli studi», dice Save the Children.
Il confronto con l’Europa è pesante, perché la dispersione scolastica in Italia rimane una fra le più alte dopo quella della Romania (15,3%) e della Spagna (13,3%) ed è lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla UE.
Il numero dei NEET in Italia, ovvero i 15-29enni che si trovano in un limbo fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1% – quasi un giovane su quattro – ed è addirittura il più alto rispetto ai paesi UE (media 13,1%), segnando quasi 10 punti in più rispetto a Spagna (14,1%) e Polonia (13,4%), e più del doppio se si considerano Germania e Francia (9,2%).
Scuola e povertà educativa
Save the Children analizza il collegamento fra offerta scolastica – in termini concreti di mensa, tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole – e disuguaglianze territoriali, un filo rosso negativo che attraversa la povertà educativa in Italia.
Dispersione implicita al termine della scuola superiore: a livello nazione è al 9,7% ma nelle regioni meridionali, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3%) e in Calabria (-3,8%), rimangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania.
Dispersione esplicita: l’abbandono scolastico è al 12,7% nella media nazionale ma le regioni del Sud vanno peggio, con punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%), e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%).
I Neet sono i giovani che non studiano, non lavorano e non sono coinvolti in percorsi di formazione: in Italia la percentuale è già alta al 23,1% ma in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani Neet ogni 2 giovani occupati).
Mensa scolastica, tempo pieno e riduzione della disuguaglianza
Mensa scolastica, tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole, che qualificano la qualità dell’offerta scolastica, hanno un legame positivo con il livello di apprendimento degli studenti.
«Mettendo a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione “implicita” più bassa e più alta – dice Save the Children –si rileva come nelle province dove l’indice di dispersione “implicita” è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini maggior offerta di tempo pieno (frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione), maggior numero di mense (il 25,9% delle scuole contro il 18,8%), di palestre (42,4% contro 29%) e sono inoltre dotate di certificato di agibilità (47,9% contro 25,3%). Questa correlazione appare ancora più rilevante se si considerano i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico».
Insomma: la scuola ben organizzata, con una offerta adeguata di tempi educativi e spazi, contribuisce a ridurre le disuguaglianze educative.
«È un vero paradosso che, pur ribadendo l’importanza della “qualità dell’offerta educativa”, i territori dove la povertà minorile è più forte siano in Italia quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre – denuncia Save the Children – Proprio dove i bambini, le bambine e gli adolescenti affrontano, con le loro famiglie, le maggiori difficoltà economiche c’è al contrario maggior bisogno di un’offerta educativa più ricca».
Scuola? Bisogna investire di più
Le richieste? Più investimenti nella scuola. Aumentare le risorse per l’istruzione portandole al pari della media europea, al 5% del Pil.
«Chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dalla attivazione di “aree ad alta densità educativa” nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia, scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento, ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali – dice Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – All’apertura di questo nuovo anno scolastico, chiediamo inoltre alle Regioni e agli Uffici scolastici regionali la massima vigilanza nel rispetto di quelle norme che dovrebbero tutelare le famiglie più in difficoltà: a partire dal tetto di spesa per i libri di testo e dal divieto di imporre alle famiglie contributi “volontari”; chiediamo infine interventi straordinari per assicurare la gratuità dei servizi di mensa per i bambini e le bambine la cui situazione economica è peggiorata in questa fase. Dobbiamo fare di tutto per evitare che il peso della crisi economica colpisca proprio le bambine, i bambini e gli adolescenti che in questi giorni entrano di nuovo in classe».
«Chiediamo che la mensa scolastica sia riconosciuta come livello essenziale delle prestazioni (LEP), per garantire a tutti i bambini, nella scuola primaria, almeno un pasto gratuito ed equilibrato al giorno, in linea con gli obiettivi della Garanzia Europea per l’Infanzia, e di estendere il tempo pieno a tutte le classi della scuola primaria. Queste due ultime misure da sole, sarebbero un vero punto di svolta per migliorare i livelli di apprendimento di tutti gli alunni del nostro paese, anche quelli che provengono da famiglie più svantaggiate economicamente e socialmente, e per prevenire la dispersione scolastica», ha aggiunto Raffaela Milano.
In Italia, le classi a tempo pieno (40 ore) nella scuola primaria superano di poco il 50% solo in Lazio (55,7%), Toscana (52,8%), Basilicata (52,4%) e Lombardia (52,3%), ma sono una rarità in Molise (7,5%), Sicilia (11,5%), Puglia (18,7%), Campania (18,8%) e Abruzzo (19,6%), mentre la media nazionale è del 37,3%. Secondo Save the Children, l’investimento annuo per garantire il tempo pieno in tutte le classi della scuola primaria statale ammonterebbe a circa 1 miliardo e 445 milioni di euro.