Costi di credito extrainteressi, se sono eccessivi possono essere una clausola abusiva (Foto Andrea Piacquadio per Pexels)

Obbligare il consumatore a pagare costi di credito extrainteressi eccessivi può costituire una clausola abusiva. È quanto ha stabilito oggi, in tema di tutela dei consumatori, la Corte di giustizia della Ue, chiamata dalla giustizia polacca a interpretare la direttiva sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori.

Il caso viene dalla Polonia e riguarda tre cittadini che avevano stipulati contratti di credito al consumo. Secondo questi contratti, i cittadini devono pagare, oltre alla somma presa a prestito maggiorata degli interessi, spese e commissioni aggiuntive. Questi costi del credito extrainteressi sono molto elevati e corrispondono a diverse decine di punti percentuali degli importi concessi in prestito. I consumatori si sono rivolti al giudice polacco invocando il carattere eccessivo di questi costi e chiedendo di dichiarare le clausole abusive. Due dei contratti prevedono anche che i rimborsi del credito siano dovuti esclusivamente in contanti ad un agente del mutuante presso il domicilio del mutuatario.

Costi di credito extrainteressi possono essere clausole abusive

La Corte di giustizia deve dunque chiarire se le clausole relative ai costi di credito extrainteressi possano essere qualificate come abusive per il solo motivo che tali costi sono manifestamente eccessivi rispetto alla prestazione fornita dal professionista.

Nella sua risposta, la Corte ricorda che “una clausola contrattuale è considerata abusiva se determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, a danno del consumatore. Un tale squilibrio può derivare dal solo fatto che i costi extrainteressi posti a carico del consumatore sono manifestamente sproporzionati rispetto all’importo concesso in prestito e ai servizi forniti in cambio, connessi alla concessione e alla gestione di un credito”.

Tuttavia, prosegue la Corte, “in linea generale, il carattere abusivo delle clausole può essere valutato solo nel caso in cui esse non mirino a definire l’oggetto principale del contratto o a riferirsi alla perequazione del prezzo o della remunerazione rispetto ai servizi forniti in cambio. Spetterà quindi al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel caso di specie. In caso di risposta negativa, il giudice nazionale dovrà esaminare se la legislazione nazionale consenta, in quanto normativa che garantisce un livello di tutela più elevato, di procedere a una siffatta valutazione”.

Se il giudice nazionale rende invalida la clausola che richiede il rimborso presso il domicilio del consumatore, prosegue la Corte, “il contratto può rivelarsi ineseguibile e quindi nullo nel suo complesso. Tuttavia, se l’elemento abusivo di tale clausola è separabile dal resto di quest’ultima, la sua soppressione può essere sufficiente a ristabilire l’equilibrio reale tra le parti del contratto. In tal caso, il contratto può sussistere e il consumatore può scegliere qualsiasi metodo di pagamento tra quelli ammissibili ai sensi del diritto nazionale”.


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