
Antitrust e competenze settoriali, preoccupati i Consumatori
La questione è stata già sollevata qualche giorno fa da Assoutenti e oggi desta preoccupazione anche in altre Associazioni dei Consumatori che hanno deciso di scrivere al Ministero dello Sviluppo Economico e ad altre Istituzioni. La vicenda riguarda una recente sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato alcune sanzioni che l’Antitrust aveva comminato a Telecom e Wind. Singolare la motivazione: il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto che “in presenza di normative organiche settoriali, volte a tutelare espressamente il consumatore, esse vanno applicate dall’Autorità garante delle comunicazioni e non dall’Antitrust”. Secondo il Consiglio di Stato, l’Antitrust ha competenza a verificare eventuali profili anticoncorrenziali di clausole contrattuali, che configurino abusi di posizione dominante o intese restrittive della concorrenza.
E’ qui che si concentrano le perplessità di Adiconsum, Adoc, Adusbef, Cittadinanzattiva, Federconsumatori e Movimento Consumatori: “Il principio in base al quale l’esistenza di una normativa settoriale sottrae la competenza all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato rischia di privare i consumatori italiani di una reale ed efficace tutela nei confronti delle scorrettezze e degli abusi messi in campo dalle aziende”.
Nella lettera inviata questa mattina, le Associazioni chiedono che la competenza relativa all’applicazione della normativa del Codice del Consumo, e in particolare relativamente alle pratiche commerciali scorrette, torni di competenza dell’Antitrust su tutti i settori, anche quelli in cui vi sia un’autorità specifica.
Il sistema adottato fino alla sentenza del massimo organo della giustizia amministrativa ha, infatti, portato a risultati positivi. Basti pensare dal 2008 al 2011 l’Antitrust ha concluso oltre 1000 procedimenti istruttori, emanando sanzioni nell’80% dei casi, per un ammontare di circa 100.000.000 Euro. “Una funzione importantissima quella svolta dall’Antitrust, che non può e non deve venir meno in nessun settore, a maggior ragione in un momento di crisi economica come quello che il Paese sta attraversando, in cui si rischierebbe di lasciare i consumatori in balia dei comportamenti speculativi delle aziende intente solo a salvaguardare i propri bilanci. Un rischio che i cittadini e l’intero Pese non possono permettersi, perché vorrebbe dire alimentare ulteriormente la sfiducia nel mercato, che già è ai minimi storici, con grave danno all’intera economia” concludono in una nota le Associazioni.

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Mi sembra corretto il ricorso, anche perché ad esempio, in casi di accertata concorrenza sleale su etichettatura di alimenti (indicazioni ingannevoli ), il giurì della pubblicità (organo specifico) ha emesso talvolta sentenze non solo discutibilissime, ma sicuramente infondate, probabilmente per “scarsa familiarità con certa legislazione cogente”. E’ oltremodo importante che l’Antitrust, almeno in seconda istanza, e con effetti sicuramente rilevanti , possa e debba intervenire comunque.