Big data: arrivano i primi risultati dell’indagine avviata dall’Antitrust. Sotto i riflettori dell’Autorità c’è la propensione degli utenti online a consentire l’uso dei propri dati a fronte dell’erogazione di servizi. Dall’indagine emerge che circa 6 utenti su 10 sono consapevoli del fatto che le loro azioni online generano dati che possono essere utilizzati per analizzare e prevedere i loro comportamenti. Esistono spazi di miglioramento per aumentare la consapevolezza degli utenti, che in gran parte non leggono o leggono solo parzialmente le informative sui dati.

A poco più di un anno dall’avvio dell’indagine conoscitiva sui Big Data, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e il Garante per la Protezione dei Dati Personali forniscono un’informativa preliminare sulle attività di approfondimento condotte e sulle evidenze emerse. Nel corso di questa prima fase dell’indagine, spiega una nota dell’Antitrust, sono stati sentiti in audizione alcuni dei protagonisti dell’economia digitale, i cd. Over-The-Top (OTT), imprese operanti in alcuni settori fortemente interessati dal fenomeno dei Big Data (ad esempio, imprese editoriali, aziende di credit scoring, gruppi bancari e compagnie di assicurazione), esperti e studiosi. A tutti i principali operatori dell’economia digitale sono state inviate dettagliate richieste di informazioni.

L’Antitrust ha svolto un’indagine sugli utenti dei servizi online affrontando tre questioni: il grado di consapevolezza degli utenti delle piattaforme digitali in relazione alla cessione e all’utilizzo dei propri dati individuali; la disponibilità degli utenti a cedere i propri dati personali come forma di pagamento dei servizi online; la portabilità dei dati da una piattaforma all’altra. Dall’indagine emerge che circa 6 utenti su 10 sono consapevoli del fatto che le loro azioni online generano dati che possono essere utilizzati per analizzare e prevedere i loro comportamenti, e appaiono informati dell’elevato grado di pervasività che il meccanismo di raccolta dei dati può raggiungere (ad esempio, sulla geo-localizzazione e sull’accesso di diverse app a funzionalità come la rubrica, il microfono e la videocamera) nonché delle possibilità di sfruttamento dei dati da parte delle imprese che li raccolgono. La consapevolezza degli utenti può essere migliorata. La maggioranza, infatti, legge solo in parte le informative (54%) o non le legge affatto (33%); gran parte degli utenti dedica un tempo limitato alla loro lettura; un’ampia maggioranza del campione considera che le informazioni fornite possono risultare poco chiare.

Anche utenti che non sono del tutto consapevoli della stretta relazione esistente tra cessione dei dati e gratuità del servizio, non di rado acconsentono all’acquisizione, utilizzazione e cessione dei propri dati personali. Gli utenti che invece negano il consenso lo fanno soprattutto in ragione dei timori di un improprio utilizzo dei propri dati: le preoccupazioni riguardano sia l’utilizzo a fini pubblicitari (46,7%) sia, ancor di più, l’utilizzo per altre finalità (50,2%).  

Nel complesso, evidenzia ancora l’indagine, 4 utenti su 10 sono consapevoli della stretta relazione esistente tra la concessione del consenso e la gratuità del servizio. Oltre 3/4 degli utenti intervistati, tuttavia, dichiara che sarebbe disposta a rinunciare ai servizi e alle app gratuite per evitare che i propri dati siano acquisiti, elaborati ed eventualmente ceduti. A fronte di ciò, comunque, solo la metà degli utenti dichiara che sarebbe disposto a pagare per servizi/app oggi forniti gratuitamente al fine di evitare lo sfruttamento dei propri dati (pubblicitario o di altro tipo).

Solo 1 utente su 10 è consapevole dei propri diritti in materia di portabilità dei dati, anche se circa la metà degli utenti mostra interesse a ottenere una copia dei propri dati. Lo scarso interesse all’utilizzo della portabilità è dovute alla scarsa propensione ad utilizzare altre piattaforme/applicazioni (41,1%), ad una limitata sensibilità sulla rilevanza di tali dati (36,1%) nonché alla percezione di un’elevata complessità degli strumenti tecnologici (30,4%).

L’indagine, che si chiuderà per la fine di quest’anno, affronterà in una seconda fase temi quali l’analisi del potere di mercato e degli effetti delle concentrazioni, anche conglomerali, nell’economia digitale, il ruolo della portabilità per ridurre gli swtiching costs e assicurare la contendibilità dei mercati, gli effetti dell’utilizzo dei dati per profilare e offrire agli utenti servizi e condizioni commerciali personalizzate.

 

Notizia pubblicata il 08/06/2018 ore 15.08


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