Istat: più di un quarto degli italiani rischia povertà. KO le famiglie numerose
Più di un quarto degli italiani è a rischio di povertà o di esclusione sociale. A Sud lo è la metà della popolazione. Le famiglie più in difficoltà sono quelle numerose, con tre o più figli: una su due è a rischio povertà o esclusione sociale, soprattutto se i figli sono minorenni. E aumenta la disuguaglianza dei redditi, tanto che il 20% della popolazione più povera possiede meno dell’8% del reddito totale. Ecco le condizioni di vita e di reddito dell’Italia restituite oggi dall’Istat.
“Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale ovvero, secondo la definizione adottata nell’ambito della Strategia Europa 2020, si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro”, spiega l’Istat, sottolineando che questa percentuale è più o meno stabile rispetto al 2014 (quando era al 28,3%: sempre molto alta) perché sono aumentate le persone a rischio di povertà, sono diminuite quelle che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa, sono stabili le famiglie “gravemente deprivate”. Dietro le definizioni stanno però persone reali: il 19,9% degli individui in Italia è a rischio di povertà, mentre la grave deprivazione materiale indica una condizione di serissima difficoltà che riguarda l’11,5% della popolazione. La grave deprivazione materiale significa infatti che le famiglie sono in ritardo nel pagamento di bollette e mutui, non posso scaldare adeguatamente l’abitazione, non possono sostenere spese impreviste di 800 euro, non possono permettersi un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, non possono permettersi una settimana l’anno di vacanza lontano da casa, non possono permettersi una tv a colori, una lavatrice, un’automobile o un telefono (servono 4 indicatori su 9 per avere una situazione di grave deprivazione materiale).
Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori. Il peggioramento delle condizioni di vita riguarda dunque soprattutto le famiglie numerose con almeno tre figli, ancor più se sono piccoli. Fra queste famiglie aumentano le condizioni di deprivazione: la quota di chi dichiara di non poter sostenere una spesa imprevista di 800 euro passa dal 48,1% al 52,8% e quella di chi ha avuto arretrato per mutuo affitto bollette passa dal 21,7% al 30,4%.
L’Italia si trova peggio rispetto ad altri paesi europei: l’indicatore di povertà o esclusione sociale è molto superiore ai valori di Francia, Germania e Gran Bretagna (rispettivamente 17,7%, 20% e 23,5%) e allineato a quello della Spagna (28,6%).
E nel Mezzogiorno la situazione peggiora: un residente su due è a rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2015 la stima delle persone coinvolte sale al 46,4%, dal 45,6% dell’anno precedente. La quota è in aumento anche al Centro (da 22,1% a 24%) mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4%.
Il reddito medio rimane per la prima volta stabile in termini reali rispetto al 2013. “Nel 2014, escludendo gli affitti figurativi, si stima che il reddito netto medio annuo per famiglia sia di 29.472 euro (circa 2.456 euro al mese)”, dice l’Istat, per il quale la metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.190 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese), sostanzialmente stabile rispetto al 2013, che nel Mezzogiorno scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili). Le differenze di reddito sono quelle che caratterizzano in negativo l’Italia: si stima complessivamente che il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale, il 20% più povero solo il 7,7%. Dal 2009 al 2014, evidenzia ancora l’Istat, il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere. Insomma: chi è povero lo è più di prima.
“Sono dati da Terzo Mondo, non degni di un Paese civile. Nel 2015 si è raggiunto il record delle persone a rischio povertà dall’inizio delle serie storiche, ossia il peggior dato di sempre” – commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, davanti ai dati dell’Istat – Invitiamo il prossimo Governo a fare una riforma fiscale che riduca le diseguaglianze, cominciando a rispettare l’art. 53 della Costituzione, ossia il criterio della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario, non rispettato in questi ultimi 20 anni”.
“Tutto ciò conferma come il nostro Paese sia ancora arenato in una fase di stallo”, affermano di fronte ai dati Istat Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef, per i quali ormai “è urgente dare stabilità al Paese per tornare quanto prima ad affrontare il tema del lavoro, delle opportunità e della crescita. Per avviare quegli investimenti necessari allo sviluppo e alla modernizzazione. Per trainare con decisione l’Italia fuori dagli strascichi di una crisi che ancora non riesce a lasciarsi alle spalle”. Il Codacons, a sua volta, sottolinea il peggioramento della situazione negli anni. “Il 28,7% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale; un dato addirittura peggiore rispetto a quello registrato dall’Istat nel 2010 quando, in piena crisi economica, la quota di popolazione a rischio si fermava al 24,5% – dice il Codacons – Questo significa che in 5 anni altri 2,7 milioni di italiani sono entrati nella fascia povertà-esclusione sociale; numeri in grave peggioramento che hanno un unico responsabile: la classe politica. Mentre infatti gli italiani si impoverivano, i governi di ogni colore non sono stati in grado di arginare il fenomeno povertà, mentre hanno saputo benissimo alimentare sprechi e tutelare privilegi ed emolumenti vari”.