Covid-19, il “decalogo antipanico” del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi
La paura del contagio può alimentare ansia e panico; il CNOP ha condiviso un decalogo per proteggersi con comportamenti adeguati, pensieri corretti ed emozioni fondate
Niente ansia di fronte al nuovo Coronavirus, raccomanda il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi nel suo “decalogo antipanico”. Il Covid-19 ha letteralmente invaso la vita quotidiana di tanti cittadini, tra viaggi annullati, scuole chiuse, divieti di spostamento per i soggetti “a rischio”, autoisolamento come misura di prevenzione, con un forte impatto anche sulla sfera psicologica e sociale. La paura del contagio viene spesso alimentata anche dalla sovraesposizione alle informazioni, spesso non veritiere, a cui la popolazione è sottoposta, un fenomeno chiamato “infodemia”. Da settimane, infatti, guardando la TV, leggendo i giornali o navigando in internet, ci si imbatte in servizi di ogni tipo sul Covid-19: esperti e non, specialisti improvvisati, persone che ne parlano riportando quanto hanno sentito o letto.
Il “decalogo antipanico”
Per questo motivo e per evitare che le paure siano sproporzionate e creino forme di ansia individuale e di panico collettivo il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi ha deciso di condividere un “decalogo antipanico” e tre buone pratiche. Alcune “chiavi di lettura” che possono aiutare i cittadini ad evitare due errori possibili: sopravvalutare o sottovalutare (negare) il problema.
1. Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo
Il Coronavirus è un virus contagioso ma come ha sottolineato una fonte OMS su 100 persone che si ammalano 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 hanno problemi più gravi e tra questi i decessi sono circa la metà ed in genere in soggetti portatori di altre importanti patologie.
2. Non confondere una causa unica con un danno collaterale
Molti decessi non sono causati solo dall’azione del coronavirus, così come è successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi. Finora i decessi legati al coronavirus sono stimati nel mondo sono cento volte inferiori a quelli che si stima causi ogni anno la comune influenza. E tuttavia questo 1% si aggiunge ed è percepito in modo diverso dai “decessi normali”. Finora nessuno si preoccupava di una forte variabilità annuale perché tutti i decessi venivano attribuiti all’influenza “normale”.
3. Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi
4. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.
5. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci.
6. In linea generale troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni.
7. E’ difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.
8. Questa semplice figura permette di vedere la paura del coronavirus in prospettiva.
9. La figura mostra il fenomeno delle paure nel loro complesso: l’indignazione pubblica sui media accentua alcune paure, come quelle per gli attacchi terroristici e i criminali armati, e induce a sottovalutare altri pericoli oggettivi a cui siamo abituati. Le caratteristiche del panico per coronavirus lo avvicinano ai fenomeni improvvisi e impressionanti che inducono panico perché sollevano l’indignazione pubblica.
10. Siamo preoccupati della vulnerabilità nostra e dei nostri cari e cerchiamo di renderli invulnerabili. Ma la ricerca ossessiva dell’invulnerabilità è contro-producente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi.
Tre buone pratiche per affrontare il coronavirus
1. Evitare la ricerca compulsiva di informazioni
2. Usare e diffondere fonti informative affidabili
È bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate (Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità)
3. Un fenomeno collettivo e non personale
Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. Come nel caso dei vaccini ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile. I media producono una informazione che può produrre effetti distorsivi perché focalizzata su notizie in rapida e inquietante sequenza sui singoli casi piuttosto che sui dati complessivi e oggettivi del fenomeno. E’ importante tener conto di questo effetto.