“L’innalzamento del limite minimo di succo naturale contenuto nelle bevande analcoliche che richiamano il nome di un frutto rappresenta un risultato importante per i consumatori e per il mondo dell’agricoltura”. E’ questo il commento del ministro Mario Catania alla norma contenuta nel decreto legge in materia sanitaria approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.La norma – precisa il Ministro –  imporrà ai produttori di aumentare dal 12 al 20% la quantità di succo naturale contenuto in tutte le bevande analcoliche vendute in Italia, che richiamano nel nome o nella descrizione un frutto. Si tratta di una misura che certamente avrà ricadute molto positive per i nostri produttori, soprattutto quelli di agrumi, ma rappresenta anche un importante passo avanti nell’ottica della tutela dei consumatori perché mette a loro disposizione un prodotto più ricco di frutta.
Questo non impedisce agli operatori di continuare a produrre le cosiddette bibite di fantasia con percentuali inferiori di succo di frutta purché nel nome e nella descrizione non si faccia nessun riferimento al frutto.
Altro aspetto da sottolineare è che la norma non impatta in nessun modo sui succhi o i nettari di frutta che hanno una loro precisa definizione codificata in ambito comunitario e che hanno percentuali di frutta significativamente più alte.
Soddisfatti anche gli Agricoltori. Secondo Coldiretti “ben cinquantamila chili di vitamina C in piu’ all’anno contro l’influenza saranno “bevute” dai 23 milioni di italiani che consumano bibite”. “Finalmente si inverte una tendenza e si inizia a dire basta alle aranciate senza arance che ingannano i consumatori costretti a pagare l’acqua come la frutta e che stanno facendo sparire il frutteto italiano, con gravi perdite economiche ed occupazionali”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che la norma “concorre a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e a ridurre così le spese sanitarie dovute alle malattie, dall’influenza all’obesità. Non va peraltro dimenticato – afferma Marini – l’impatto economico sulle imprese agricole poiché l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani con una estensione equivalente a  circa ventimila campi da calcio, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria”.
“Aumentare dal 12 al 20 per cento la quantità di frutta nelle bevande analcoliche è senza dubbio una misura importante che migliora la qualità del prodotto, tutela consumatori e dà garanzie ai produttori agricoli” ha commentato, invece, il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi, sottolineando che “la norma può favorire una ripresa dei consumi di ortofrutta nel nostro Paese che nel 2011 hanno segnato una leggera contrazione (meno 1 per cento). Le famiglie italiane hanno speso 13,4 miliardi di euro per acquistare 8,3 milioni di tonnellate tra frutta e verdura, fresche e surgelate. Praticamente, 582 euro a ogni nucleo familiare per comprare 346,70 kg di prodotti. La mela, con 825.000 tonnellate vendute, resta la frutta “regina” delle tavole italiane, seguita dall’arancia con 605.000 tonnellate”.
Anche secondo Confagricoltura “l’incremento dell’8% di succo nelle bibite si traduce in un aumento della richiesta industriale di agrumi, soprattutto di arance, che in parte favorisce le produzioni agricole nazionali anche se annualmente vengono importati circa 30 milioni di kg di succo di arancia. C’è da dire che l’Italia, paese vocato alla coltivazione di agrumi, è anche esportatore di succo di arancia per circa 58 milioni di kg, soprattutto in Germania” .
Il decreto, però, non ha incassato solo pareri favorevoli. “Siamo convinti che si poteva e si doveva fare di più” hanno dichiarato Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti Federconsumatori e Adusbef  che spiegano: “L’assistenza territoriale è solo nominata, per i  lea (livelli essenziali di assistenza) si rinvia l’aggiornamento a fine anno e si condizionano agli equilibri di finanza pubblica, non c’è nulla per la non autosufficienza, ma c’è la sanatoria per la libera professione intramoenia, sul fronte della dirigenza sanitaria e del governo clinico nessuna novità di rilievo per frenare la cattiva sanità”.
Codici, invece, si sofferma sull’articolo sulla medicina difensiva, ad esempio, è stato criticato dal Codici che l’ha definito ‘opaco’: “Nel testo dell’articolo si legge “che la colpa lieve è esclusa solo quando il medico si attenga a linee guida e buone pratiche”, cosa significa?” si chiede l’Associazione secondo cui un altro punto oscuro riguarda la copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie.


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