Oltre trentacinquemila firme per chiedere l’abolizione del superticket. Sono i numeri raggiunti in poco più di 6 mesi dalla petizione lanciata lo scorso anno da Cittadinanzattiva attraverso gli attivisti del Tribunale per i diritti del malato e la piattaforma change.org. “Sottoscrivendo la petizione, i cittadini hanno condiviso la necessità di una abolizione al più presto del super ticket che non è servito né ai cittadini né al Servizio Sanitario Nazionale”, commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato”.È una tassa iniqua che ha alimentato le disuguaglianze, aumentato i costi delle prestazioni sanitarie, gravando ancor più sulle tasche delle persone che sempre più spesso rinunciano a curarsi, pur avendone bisogno. E non ha rimpinguato le casse del SSN, anzi paradossalmente le ha impoverite, spingendo i cittadini, snervati dai costi maggiorati e dalle lunghissime liste d’attesa, ad andare nel privato, che spesso diventa persino più conveniente per alcune prestazioni, come gli esami del sangue. Quella che doveva essere una manovra transitoria e straordinaria, a distanza di 5 anni dalla Legge Finanziaria del 2011 che l’ha introdotta, è diventata invece la normalità“.

Con queste motivazioni, è stata recapitata oggi al Ministro della Salute e al Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni una lettera per chiedere un incontro per la consegna ufficiale delle firme e un coinvolgimento delle organizzazioni di cittadini e di pazienti al Tavolo interministeriale che sta lavorando alla revisione della normativa sui ticket.

A dimostrazione del duplice effetto negativo generato dai ticket, ci sono i dati ufficiali di Age.Na.S che oltre a registrare una diminuzione degli introiti da ticket del 9,4% nel periodo 2012 -2015, individuano proprio nel super-ticket la causa di tale riduzione, in particolare per quanto riguarda la compartecipazione per prestazioni di specialistica ambulatoriale (- 2,1% nel 2014 e -1,9% nel 2015).

Anche le modalità di applicazione regionale del superticket sono fonte di disuguaglianza”, continua Aceti. Attualmente infatti ci sono quattro comportamenti diversi: chi non applica il superticket; chi applica 10 euro fisse su tutte le ricette per prestazioni diagnostiche e specialistiche; chi modula una quota aggiuntiva per ogni ricetta in base al reddito e chi invece modula rispetto al valore delle prestazioni in ricetta. Anche nella individuazione del reddito da prendere a riferimento ci sono comportamenti diversi: c’è chi usa il reddito familiare, chi l’ISEE.

È ovvio che i cittadini chiedano che questa tassa odiosa sia abolita. Dal canto nostro, abbiamo scritto a Ministero della Salute e Conferenza delle Regioni che proprio in questi giorni stanno lavorando alla revisione delle norme sui ticket, per chiedere che agiscano concretamente con l’abrogazione del superticket di 10 euro e che lo facciano coinvolgendo anche le organizzazioni di cittadini. E non si pensi di compensare questa misura introducendo una nuova tassa, cioè il ticket sui codici verdi al Pronto Soccorso che, per definizione, sono situazioni da gestire appropriatamente in PS”.

Secondo il parere dell’associazione, per abrogare il superticket occorrono 834 milioni di euro, ma secondo alcuni approfondimenti ne basterebbero poco più di 500 milioni. I fondi potrebbero essere recuperati, propone Cittadinanzattiva, attraverso finalizzazioni di quote parte di fondi che entrano nel SSN attraverso l’intramoenia; risparmi conseguenti alla riorganizzazione della rete ospedaliera; risorse derivanti dal pay back; risparmi derivanti dal superamento delle duplicazioni di centri e procedure decisionali; risparmi sulla medicina difensiva conseguiti attraverso l’implementazione della nuova legge sulla responsabilità professionale; promozione dell’appropriatezza clinica e organizzativa; selezione sulle innovazioni tecnologiche che servono davvero; risparmi conseguiti attraverso l’uso di farmaci equivalenti e biosimilari; risorse derivanti dal contrasto a inefficienze, sprechi e corruzione; risparmi nel settore non sanitario, agendo su: consulenze esterne delle Regioni che valgono 800 milioni di euro all’anno; taglio dei vitalizi ai consiglieri regionali; trasferimenti alle aziende municipalizzate regionalizzate e provincializzate che costano 3,3 miliardi di euro ogni anno.

 

Notizia pubblicata il 15/07/2017 ore 16.48


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