
8 marzo, stalking: gli effetti di una legge troppo ‘soft’
Sono trascorsi tre anni eppure nulla sembra cambiato: le donne continuano a morire e, spesso, per mano dei propri uomini. L’ordinamento italiano ha accolto, infatti, il reato di stalking il 23 febbraio 2009: un passo in avanti in materia di diritti civili. Ma non è tutto rosa e fiori. Ai buoni propositi, tuttavia, non ha fatto seguito la sperata efficacia della legge 612-bis. Una legge che avrebbe dovuto tutelare ulteriormente tutte le persone vittime di una forma di violenza molto subdola ed in particolare le donne, ha decretato di fatto una sconfitta. Il trend in assoluto di donne uccise per mano di un familiare o un partner è in costante ascesa dal 2009. Una percentuale significativa di queste morti vede come “movente” gli atti persecutori anche a seguito denunce-querele o richiesta di misure cautelari.
Secondo l’ex ministro Mara Carfagna, che quella legge l’ha fortemente voluta, nel 2011 si è assistito ad un incremento delle denunce e degli stalker arrestati: più di 100 al mese, in media.
C’è da dire, per dovere di cronaca, che questi dati sono stati confutati dall’Osservatorio Nazionale Stalking, che esiste dal 2002, e che ha registrato invece nell’ultimo anno un calo delle segnalazioni del 25%.
Principale motivo della scarsa propensione a denunciare sarebbe la paura di ritorsioni da parte del proprio persecutore, e la scarsa fiducia nei confronti dell’efficacia dei provvedimenti e di una protezione da parte dell’autorità. In più, il patrocinio gratuito non è previsto per tutti, ma solo per chi ha un reddito inferiore ai 10mila euro.
Non solo. Il fallimento della legge è anche nel numero di donne uccise nel 2011, 128 donne, circa 10 in più dello scorso anno. E’ evidente che qualcosa non funziona e secondo l’Osservatorio ha a che fare con la scarsa volontà di lavorare con i presunti autori per diminuire l’incidenza di questo reato. Secondo l’Osservatorio, uno stalker su tre, dopo la denuncia (e talvolta dopo la condanna) continua imperterrito a perseguitare la vittima. Questo dato è importante ed è sufficiente a far emergere alcuni interrogativi, incentrati principalmente sull’inefficacia della coercizione, da sola, per far fronte ad una condotta criminosa che affonda le proprie radici in un disagio psicologico dello stalker, soggetto che spesso presenta gravi difficoltà ad elaborare l’abbandono della persona amata in relazione ad un’infanzia vissuta nel dramma della trascuratezza. Se la legge prevedesse la possibilità per lo stalker di prendere parte ad un percorso di risocializzazione, l’altissima recidiva del reato potrebbe diminuire drasticamente.
A dimostrazione della validità della sua tesi, l’Osservatorio ha istituito, nel 2007 con il finanziamento della Regione Lazio, il Centro Presunti Autori con risultati che devono far riflettere: i persecutori risocializzati, ad oggi, sono 130. Di questi il 40% ha raggiunto un completo contenimento degli atti persecutori, nel 25% dei casi si è verificata una significativa diminuzione dell’attività vessatoria, della recidiva e la prevenzione degli agiti più gravi.
Cos’è lo stalking? Si tratta di una serie di comportamenti apparentemente innocui ma che spesso, troppo, degenerano in minacce, pedinamenti, presenza inopportuna fuori dalla palestra, al ristorante e che genera nella vittima uno stato di ansia, paura, timore per la propria incolumità e la costringe, soprattutto, ad alterare le proprie abitudini e scelte di vita. Secondo i dati dell’Osservatorio, il fenomeno interessa il 20% della popolazione. Le vittime sono per l’80% donne tra i 18 e i 24 anni di cui solo il 17% denuncia le molestie. Il fenomeno ha un’incidenza del 90% nelle regioni del centro nord. Anche l’Istat ha monitorato il fenomeno anche se c’è da sottolineare il fatto che gli ultimi dati disponibili sono riferiti al 2006 e raccontano di 6 milioni 743 mila donne, da 16 a 70 anni, vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita: 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%).
Cosa fare se si è vittime di stalking? Naturalmente rivolgersi alle autorità per denunciare anche il più piccolo episodio è il passo più difficile ma senz’altro quello più opportuno. Inoltre è possibile contattare centri anti-stalking che possono aiutare ad affrontare la psicologia del reato. Punti di riferimento sono: l’Osservatorio Nazionale per lo Stalking (http://www.stalking), e il Modena Group on Stalking (MGS – http://stalking.medlegmo.unimo.it/), un gruppo multidisciplinare europeo di studiosi nato nel 2003 impegnato in progetti di ricerca, prevenzione e sostegno su questo tema.
La nuova legge, infine, istituisce presso il Dipartimento per le pari opportunità un numero verde nazionale (1522) per le vittime di stalking, per assistenza psicologica e giuridica, nonché per segnalare –su richiesta della vittima- le molestie alle forze dell’ordine.

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