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Bonus bebè e assegno di maternità, incostituzionale il requisito del permesso di lungo soggiorno per gli stranieri

La Corte Costituzionale interviene sui requisiti dei bonus bebè e dell’assegno di maternità. E stabilisce che è incostituzionale il requisito del permesso di lungo soggiorno per gli stranieri per avere i due benefici.

La Corte ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità delle norme che limitavano l’accesso al bonus bebè e all’assegno di maternità ai soli stranieri lungo soggiornanti.

Bonus bebè e assegno di maternità, incostituzionale il requisito del permesso di lungo soggiorno

Come informa una nota stampa (e in attesa del deposito della sentenza nelle prossime settimane), la Corte Costituzionale, riunita in camera di consiglio l’11 gennaio 2022, ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione sulla disciplina del cosiddetto bonus bebè (articolo 1, comma 125, della legge n. 190/2014 e successive proroghe) e dell’assegno di maternità (articolo 74 del dlgs n. 151/2001), ritenuta lesiva del principio di eguaglianza e della tutela della maternità perché subordina la concessione dei due assegni agli stranieri extracomunitari alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo.

Le questioni sono tornate all’attenzione delle Corte dopo la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2021 (C-350/20) che aveva risposto ai quesiti della Consulta. La normativa italiana, aveva detto, non è compatibile né con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, né con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri.

 

 

Limitazioni incostituzionali

La Corte Costituzionale «ha dichiarato incostituzionali le norme che escludono dalla concessione dei due assegni i cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi e quelli ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi – informa la nota – È stata dichiarata incostituzionale anche la medesima esclusione contenuta nelle proroghe del “bonus bebè”. La Corte costituzionale ha ritenuto che le disposizioni censurate siano in contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

Sul tema del bonus bebè e dell’assegno di maternità e sulle limitazioni per gli stranieri non lungosoggiornanti hanno lavorato gli avvocati e gli esperti dell’Asgi, Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che si sono rivolti a diversi tribunali d’Italia.

I giudici di merito, spiegano, hanno accolto la domanda dei migranti disapplicando la norma nazionale e dando diretta applicazione alla direttiva 2011/98 (che garantisce parità di trattamento a tutti gli stranieri che hanno un permesso che consente di lavorare). La Cassazione aveva invece deciso di sollevare sul punto questione di costituzionalità e la Corte Costituzionale aveva a sua volta interpellato la Corte di Lussemburgo chiedendo la corretta interpretazione della direttiva.

Asgi: sentenza monito per il legislatore

Spiega l’Asgi: «La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 2 settembre 2021, aveva dichiarato il contrasto, ma, avanti la Corte Costituzionale, l’avvocatura dello Stato aveva nuovamente negato la possibilità della Corte Costituzionale di adottare una pronuncia “estensiva” ritenendo intangibili i limiti di spesa già stabiliti dallo Stato. La Corte evidentemente – lo si può dedurre già dal comunicato stampa e in attesa di leggere le motivazioni – non ha seguito questa impostazione, ritenendo che gli obblighi di parità di trattamento decisi in sede europea debbano comunque essere rispettati e che quindi la illegittima limitazione debba essere rimossa dall’ordinamento nazionale attribuendo così la prestazione a coloro che sono stati lesi dalla discriminazione».

Commenta infine l’Asgi: «La sentenza – che giunge dopo un lungo contenzioso che ha comportato dispendio di risorse pubbliche, aggravio per il sistema giudiziario e violazione di diritti per coloro che non hanno avuto la fortuna di ottenere l’aiuto delle associazioni per  procedere in giudizio –  è certamente anche un monito per il legislatore affinché non si ripetano in futuro scelte di questo genere che rappresentano un danno non solo e non tanto per i migranti ma per la crescita e la coesione dell’intera collettività di chi vive sul nostro territorio».


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