Buoni fruttiferi postali, Confconsumatori: il taglio retroattivo arriva in Cassazione
Il taglio retroattivo sui buoni fruttiferi postali del 1983 approda alla Corte di Cassazione. Il caso riguarda quei risparmiatori che, alla scadenza dei buoni postali trentennali, si sono visti applicare un tasso di interesse diverso e hanno appreso direttamente presso gli uffici postali che gli interessi maturati nel corso degli anni erano di gran lunga inferiori rispetto a quanto riportato sul retro del titolo. Tutto questo in forza di un decreto ministeriale del 13 giugno 1983 col quale era stato deciso un taglio retroattivo dei tassi di interesse per una serie di buoni postali. Il tutto senza adeguata informazione ai risparmiatori.
Ed è proprio questo il punto che da allora solleva Confconsumatori, che da quattro anni sta seguendo la vicenda. Già allora l’associazione si domandava se fossero stati rispettati, e in che modo, gli obblighi di informazione ai risparmiatori, considerando insufficiente la sola pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale. Ora, dopo diverse battaglie legali, a decidere sarà la Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
Spiega l’avvocato Emilio Graziuso, presidente di Confconsumatori Brindisi, che questa fase è fondamentale. “Se dovesse essere accolta la tesi della Sezione della Suprema Corte remittente, tesi che stiamo portando avanti nelle aule di Tribunale, i risparmiatori che hanno un processo in corso, qualora ne ricorrano i presupposti, avranno buone possibilità di ottenere le somme dovute – dice Graziuso – Al di là, infatti, della legittimità o meno della variazione del tasso, il problema di fondo è l’informazione del risparmiatore. Se questa non è stata data, in modo preciso e puntuale, prima della scadenza del titolo, al momento della emanazione dei decreti ministeriali di variazione dei tassi, vi è un inadempimento le conseguenze del quale non possono e non devono ricadere sull’investitore. Quest’ultimo, infatti, se fosse stato informato prima della modifica peggiorativa dei tassi di interesse avrebbe potuto scegliere prima della scadenza trentennale la via della liquidazione sul mercato del titolo”.
In attesa della pronuncia, l’associazione consiglia a chi non ha ancora agito a tutela dei propri diritti di inviare una formale diffida a Poste Italiane per l’interruzione dei termini di prescrizione.