La lotta al caporalato e al lavoro nero in agricoltura ha finalmente una legge su cui poter contare. Ieri sera, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha reso noto infatti che la Camera dei Deputati la norma con la quale vengono introdotte maggiori garanzie per la tutela della dignità dei lavoratori agricoli, alcune innovazioni concrete sul lato penale che alzano il livello del contrasto e rafforzate le misure a favore delle imprese in regola.Lo Stato”, si legge in una nota di commento del Ministro Maurizio Martina, “risponde in maniera netta e unita contro il caporalato con questa nuova legge attesa da almeno cinque anni. Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana, perché sulla dignità delle persone non si tratta. C’è tanto lavoro da fare e una legge da sola non basta, ma le direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi”.

Con la nuova legge si stabiliscono nuovi strumenti penali per la lotta al caporalato come la confisca dei beni come avviene con le organizzazioni criminali mafiose, l’arresto in flagranza, l’estensione della responsabilità degli enti. La nuova legge prevede anche la responsabilità del datore di lavoro, il controllo giudiziario sull’azienda che consentirà di non interrompere l’attività agricola e la semplificazione degli indici di sfruttamento.

Per la prima volta, inoltre, si decide di estendere le finalità del Fondo antitratta anche alle vittime del delitto di caporalato, considerata la omogeneità dell’offesa e la frequenza dei casi registrati in cui la vittima di tratta è anche vittima di sfruttamento del lavoro.

Viene rafforzata la operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità “Campolibero”. La nuova norma estende l’ambito dei soggetti che possono aderire alla Rete, includendovi gli sportelli unici per l’immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l’impiego, i soggetti abilitati al trasporto dei lavoratori agricoli e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura.

Le amministrazioni statali saranno direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo, attraverso un piano congiunto di interventi per l’accoglienza di tutti i lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli. L’obiettivo è tutelare la sicurezza e la dignità dei lavoratori ed evitare lo sfruttamento ulteriore della manodopera anche straniera.

Una giornata storica. Una grande emozione. Una norma importantissima”, commenta dal MISE il Viceministro Teresa Bellanova. “La legge è una risposta di civiltà alle tante, troppe azioni criminose compiute sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori vittime di caporalato. Una legge che dovevamo alle lavoratrici e ai lavoratori immigrati che hanno vissuto nelle nostre campagne condizioni di lavoro e di vita disumane, trovando tuttavia il coraggio di denunciare”.

Soddisfatti del risultato raggiunto anche i portavoci della campagna #FilieraSporca promossa dalla onlus Terra! Il testo della legge infatti raccoglie alcune importanti raccomandazioni promosse dalla società civile negli ultimi anni. “È un punto di partenza importante per depotenziare sensibilmente il fenomeno del caporalato e che rappresenta un punto di partenza importante per sradicare lo sfruttamento in agricoltura”, dichiara Fabio Ciconte, di Terra! Dall’associazione aggiungono inoltre che “all’azione meramente repressiva è necessario affiancare quanto prima una legislazione basata sulla prevenzione, e dunque sulla trasparenza della filiera. Una pressione corale sulla Grande Distribuzione Organizzata e sugli altri punti chiave della catena, che contribuiscono a determinare i prezzi e le derive amorali del mercato del lavoro, è possibile soltanto a partire dall’adozione di una etichetta narrante, in grado di raccontare l’intera vita del prodotto, dal campo allo scaffale. Serve per questo un cambio di paradigma che rimetta al centro la dignità delle persone e riempia di senso il concetto di made in Italy, prima che rimanga soltanto un guscio vuoto”.


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