sanità

“Introdurre misure idonee a mitigare il rischio di malpractice medica al fine di contenere il livello dei costi, di renderli maggiormente prevedibili e, di conseguenza, di ampliare la disponibilità di coperture assicurative”. E’ la ricetta che Ania ha illustrato oggi nel corso di un’audizione in Commissione Affari sociali della Camera in materia di responsabilità professionale del personale sanitario. A indurre una riflessione il numero dei risarcimenti: nel 2011 sono partite dagli studi legali 31.500 denunce contro i camici bianchi o strutture sanitarie pubbliche e private, per i presunti danni causati da ricoveri, intervento o terapie ‘sbagliate’, con una media giornaliera che sfiora gli 85 esposti al giorno.
I motivi, secondo l’Associazione, sono diversi ma riconducibili essenzialmente ad una maggiore consapevolezza e attenzione dei pazienti alle cure ricevute, a volte anche favorita, soprattutto recentemente, da alcuni fornitori di servizi di gestione del contenzioso; ad un deciso aumento degli importi dei risarcimenti riconosciuti dai tribunali, non tanto a causa della componente del danno patrimoniale costituito dalla “perdita subita (danno emergente)” o dal “mancato guadagno (lucro cessante)”, quanto a causa della componente rappresentata dal “danno biologico” o “alla salute” e dall’importo riconosciuto a titolo di “danno morale”; all’ampliamento dei diritti e dei casi da risarcire da parte della giurisprudenza, che ha sostanzialmente modificato i contenuti della prestazione medica quasi trasformandola da obbligazione di mezzi a obbligazione di risultato.
Come risolvere? Secondo Ania “una possibile opzione di policy per un sistema giuridico, come quello italiano, basato sulla responsabilità è quella di passare ad un sistema cosiddetto no fault in cui, per determinate casistiche di eventi, sia previsto un risarcimento, o meglio un indennizzo, standardizzato senza la ricerca e l’attribuzione della responsabilità. Questa scelta è stata compiuta nel panorama europeo dai Paesi scandinavi, che hanno abbandonato i tradizionali sistemi di attribuzione di responsabilità per malpractice e sono approdati a sistemi di tipo no fault.
Un’altra soluzione adottata da altri Paesi, quali Francia, Inghilterra, Germania, è quella di un sistema generale basato sulla responsabilità civile affiancato ad un sistema no fault per specifiche tipologie di danno. L’opzione di un passaggio ad un sistema no fault, dal punto di vista economico, è attraente quando ci si rende conto che, a livello di sistema, la somma dei costi relativi al contenzioso e di quelli indiretti indotti dalla medicina difensiva risultano essere sproporzionati rispetto alle risorse effettivamente riconosciute ai danneggiati a titolo di risarcimento. Tale opzione presenta secondo la letteratura, da un lato, il vantaggio di ridurre i costi diversi dai risarcimenti citati sopra e di rasserenare gli operatori sanitari, dall’altro gli svantaggi di una minore “selezione” ex-post degli operatori (allontanamento dalla categoria a seguito di errori), di un possibile allargamento dei casi indennizzabili, di una teorica deresponsabilizzazione degli operatori. Naturalmente, in questo caso, il costo complessivo degli indennizzi e di conseguenza quello assicurativo dipende dalla definizione del perimetro dei casi indennizzabili e dall’entità dell’indennizzo.
Qualora si voglia rimanere in un sistema basato sulla responsabilità, le possibili misure di policy appaiono essere le seguenti:
• la rivisitazione del concetto di responsabilità, per esempio attraverso l’introduzione di protocolli che esimano gli operatori dalla responsabilità se essi sono in grado di dimostrare di averli correttamente seguiti o attraverso una più precisa delimitazione del perimetro della responsabilità, disciplinando le prestazioni mediche che rientrerebbero nell’ambito di applicabilità dell’art. 2236 cod.civ.;
• la standardizzazione dei criteri di valutazione dei danni con l’introduzione, per esempio, di tabelle di valutazione del danno e la definizione di eventuali limiti ai danni non patrimoniali; il contenimento del ricorso alla giustizia ordinaria tramite meccanismi alternativi di risoluzione del contenzioso3 e la disincentivazione delle richieste infondate.
Infine, in ogni caso vanno implementate e rese obbligatorie rigorose e strutturate attività di risk management al fine di minimizzare i rischi di errore. Tali attività potrebbero essere facilitate anche attraverso l’istituzione di osservatori e strutture in grado di monitorare e selezionare le migliori pratiche con la finalità di diffonderle alle strutture e agli operatori sanitari.
L’Ania tra l’altro critica le proposte di legge in Parlamento sulla responsabilità professionale del personale sanitario (Rc medica). “Molte delle norme previste, a nostro avviso – ha detto il direttore dell’Ania, Roberto Manzato – non vanno nella direzione giusta”. Quelle che prevedono “nell’ambito delle coperture assicurative di responsabilità civile delle strutture sanitarie la definizione di premi massimi, obblighi di incremento massimo o di sconto minimo del premio al rinnovo del contratto o obbligo di rinnovo del contratto stesso sono impraticabili”. Infatti, dice Manzato, “l’assicuratore fissa il prezzo sulla base di stime della distribuzione di probabilità dei risarcimenti che dovrà sostenere. Se la stima risultasse essere sbagliata, il prezzo deve essere rivisto per ristabilire un equilibrio economico” altrimenti “l’assicuratore rischierebbe, nei casi estremi, il fallimento”.


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