povertà

Un paese di adulti che si è dimenticato dei bambini. Mentre tutto il sistema Paese parla di crisi, di debito e di necessità di tagliare le spese nessuno fa cenno alla condizione di povertà in cui vive oggi 1 minore su 4. Ci ha pensato Save the Children che oggi ha reso noti i dati del dossier “Il paese di Pollicino”. Dati allarmanti, che ci dicono che il 22,6% dei bambini vive in famiglie con un reddito troppo basso e una rete assistenziale inesistente. Un dato che schizza a livelli mai registrati finora nel caso di bambini figli di madri sole per i quali l’incidenza di povertà sale al 28,5%. Nel caso in cui il capofamiglia abbia meno di 35 anni, invece,  1 figlio su 2 è a rischio povertà. Il Sud e le Isole sono le aree del paese a più alta incidenza di povertà, che raggiunge rispettivamente quasi il 40% (con quasi 2 minori ogni su 5 a rischio povertà) e il 44,7%.
Ma forse il più inedito volto della povertà minorile sono le coppie di trentenni con figli: se infatti l’incidenza della povertà nelle famiglie con minori è in media del 21,5%, il dato schizza al 47,8% nel caso di coppie con meno di 35 anni con figli. Un dato cresciuto di 10 punti percentuali negli ultimi 15 anni.
Chi nasce nel Mezzogiorno, poi, ha una probabilità molto più alta di crescere in una famiglia povera. Se l’incidenza di povertà minorile è ben al di sotto della media nazionale nel Nord-ovest (10,9%), nel Nord-est (14%) e al Centro (13,2%), sfiora il 40% al Sud (quasi 2 minori ogni su 5 sono poveri) e raggiunge il 44,7% nelle Isole.
Non va meglio per i bambini di cittadinanza straniera: ben il 58,4% povero, tre volte il valore che si registra tra gli italiani. Dato che raggiunge addirittura il 62,2% nelle famiglie con un solo genitore.
Non è tuttavia solo il reddito della famiglia a determinare la condizione di povertà di un bambino” fanno sapere da Save the Children. “E’ fondamentale poter contare su una rete di opportunità e di servizi, come l’asilo nido e una scuola di qualità, così come di spazi per il gioco e il movimento, tutti elementi indispensabili per una crescita serena”.
E nel nostro Paese tutto ciò non esiste: l’Italia è agli ultimi posti in Europa per finanziamenti a favore delle famiglie, infanzia e maternità con l’1,3% del Pil contro il 2,2% della media europea. Mentre purtroppo vanta altri primati negativi – dall’evasione fiscale alla corruzione – che, negli anni hanno sottratto risorse preziose alle centinaia di migliaia di minori che ne avrebbero avuto diritto e bisogno.
Per avere poi un’idea della costante riduzione dei finanziamenti che il nostro paese destina a famiglie, infanzia e maternità, basta guardare all’esaurimento del fondo nazionale delle politiche sociali passato da 1 miliardo di euro nel 2007 a 45 milioni nel 2013 mentre il piano nazionale dell’infanzia, approvato con anni di ritardo, non è stato finanziato e rimane integralmente sulla carta.
Ma oltre alle limitate e inefficaci risorse, la spesa e i servizi per l’infanzia segnalano grandi differenze di standard e qualità, a seconda delle regioni. Basta guardare agli asili nido: in Emilia Romagna ne usufruiscono il 29,5% dei bimbi tra 0 e 2 anni. Seguono Umbria (27,7%), Valle D’Aosta (25,4%) a cui fanno da contraltare la Campania, in fondo alla lista con il 2,7% dei bambini presi in carico dai nidi pubblici, o la Calabria, con il 3,5%. E come se non bastasse, oggi il Garante per l’infanzia e  l’adolescenza, Vincenzo Spadafora, in audizione alla Commissione parlamentare per l’infanzia ha annunciato che l’Autorità cessa la sua attività, ad appena sei mesi dalla sua nomina:  “L’Authority si trova in una situazione di stop forzato – ha detto – da oggi non può più operare. A distanza di tempo dalla nomina non abbiamo ancora gli strumenti previsti dalla legge per poter svolgere le nostre funzioni”.
Per questo l’Associazione ha deciso di lanciare da oggi e per tutto il mese di maggio “Ricordiamoci dell’Infanzia”, una nuova campagna in aiuto all’infanzia a rischio in Italia che si rivolge prima di tutto al Governo ma intende coinvolgere anche singoli cittadini, imprese, il mondo della cultura e dell’informazione.
“La prima cosa da fare per arrestare questo trend pericolosissimo è varare subito un piano nazionale di lotta alla povertà minorile”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. Le misure proposte da Save the Children si fondano su quattro pilastri: interventi per il sostegno alle famiglie in condizione di povertà estrema, come ad esempio la previsione di ulteriori sgravi fiscali per ogni figlio a carico o di voucher per l’acquisto di beni essenziali; servizi per il sostegno della genitorialità, quale un piano di investimenti straordinari per gli asili nido, per la creazione di ulteriori 370.000 posti entro il 2020; misure di sostegno al lavoro femminile e per favorire la conciliazione fra lavoro e famiglia, quale l’istituzione di un fondo di garanzia per mamme imprenditrici per favorirne l’accesso al credito; e infine la previsione di una valutazione di impatto sull’infanzia di ogni nuovo provvedimento legislativo.
Per l’attuazione di tale piano strategico sarebbe necessario un progressivo adeguamento delle risorse destinate all’infanzia agli standard degli altri Paesi europei, passando dall’attuale investimento dell’1,3% del Pil al 2% entro il 2020”.


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