Reddito di cittadinanza e assegno unico, Commissione europea: sono discriminatori (Foto di Pexels da Pixabay)

Reddito di cittadinanza e assegno unico, arriva il richiamo della Commissione europea che ha avviato due procedure di infrazione contro l’Italia. Per il reddito di cittadinanza, scrive Bruxelles, il requisito dei 10 anni di residenza viola il diritto europeo: “il requisito dei 10 anni di residenza si configura come discriminazione indiretta, in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non riescano a soddisfare tale criterio”, scrive la Commissione europea.

Procedura di infrazione anche per i requisiti dell’assegno unico per i figli: bocciata la richiesta di essere da almeno due anni in Italia e risiedere nella stessa famiglia dei loro figli. La normativa “non tratta i cittadini dell’UE in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione”.

L’Italia ha ora due mesi per rispondere ai rilievi espressi dalla Commissione, trascorsi i quali quest’ultima potrà decidere di inviare un parere motivato.

Mobilità dei lavoratori e reddito di cittadinanza

La Commissione invita l’Italia ad allineare la legislazione sul reddito di cittadinanza al diritto europeo. Bruxelles ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia perché “il suo regime di reddito minimo non è in linea con il diritto dell’UE in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, soggiornanti di lungo periodo e protezione internazionale”.

Una delle condizioni per accedere al reddito di cittadinanza in Italia, ricorda Bruxelles, è di aver soggiornato nel paese per 10 anni, di cui 2 consecutivi, prima di poter presentare la richiesta. “A norma del regolamento (UE) n. 492/2011 e della direttiva 2004/38/CE, le prestazioni di sicurezza sociale come il “reddito di cittadinanza” dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’UE che sono lavoratori subordinati o autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente da dove abbiano soggiornato in passato – spiega la Commissione – Inoltre, i cittadini dell’UE non impegnati in un’attività lavorativa per altri motivi dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi. Oltre a ciò la direttiva 2003/109/CE prevede che i soggiornanti di lungo periodo provenienti da paesi terzi abbiano accesso a tale prestazione”.

Di conseguenza, conclude la Commissione, «il requisito dei 10 anni di residenza si configura come discriminazione indiretta, in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non riescano a soddisfare tale criterio. Inoltre il regime di reddito minimo italiano discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, i quali non hanno accesso a tale prestazione, in violazione della direttiva 2011/95/UE. Il requisito della residenza, infine, potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi al di fuori del paese per motivi di lavoro, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia».

La procedura di infrazione sull’assegno unico

La Commissione ha inoltre deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia per il mancato rispetto delle norme dell’UE sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori. Nel marzo 2022 l’Italia ha introdotto l’assegno unico e universale per i figli a carico, cui hanno diritto solo persone residenti in Italia da almeno 2 anni, a condizione che vivano in uno stesso nucleo familiare insieme ai figli.

Secondo la Commissione «questa normativa è in contrasto con il diritto dell’UE in quanto non tratta i cittadini dell’UE in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione. Il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta inoltre qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale, quali gli assegni familiari».


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