Pacchetti turistici e pandemia, Corte Ue: no all’esenzione temporanea dall’obbligo di rimborso
Pacchetti turistici e pandemia, la pronuncia della Corte di giustizia Ue: no all’esenzione temporanea all’obbligo di rimborso integrale in caso di risoluzione del pacchetto
La Corte di giustizia della Ue si pronuncia sui pacchetti turistici, sulla pandemia da Covid e sulla normativa che esentava dall’obbligo di rimborso (al loro posto, i buoni di 18 mesi) e dice no all’esenzione temporanea dall’obbligo di rimborso integrale in caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico.
La pandemia rientra fra le circostanze “inevitabili e straordinarie” per le quali si prevede rimborso integrale.
“Una normativa nazionale che esenta temporaneamente gli organizzatori dal loro obbligo di rimborso integrale in caso di risoluzione non è compatibile con il diritto dell’Unione – si legge in una nota stampa della Corte Ue – Uno Stato membro non può addurre il timore di difficoltà interne per giustificare l’inosservanza degli obblighi discendenti dal diritto dell’Unione quando tale inosservanza non è conforme ai requisiti della forza maggiore”.
Pacchetti turistici, pandemia ed esenzioni dal rimborso: il caso
Il caso scaturisce da una questione sollevata in Francia (il ragionamento viene ripreso anche per una causa slovacca). La UFC-Que Choisir e la CLCV, due associazioni per la tutela degli interessi dei consumatori, hanno adito il Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese chiedendo l’annullamento di un’ordinanza relativa alle condizioni finanziarie per la risoluzione di alcuni contratti di viaggio e di soggiorno turistici in caso di circostanze inevitabili e straordinarie o di forza maggiore.
La normativa è stata adottata nell’ambito della pandemia da Covid-19 per permettere agli organizzatori di viaggi, in caso di “risoluzione” del contratto di pacchetto turistico avvenuta a causa di circostanze inevitabili e straordinarie, di emettere un buono valido 18 mesi e che può comportare il rimborso dei pagamenti effettuati dai viaggiatori solo dopo il mancato utilizzo di tale buono. Questo costituiva una deroga ai dettami della direttiva sui pacchetti turistici, che prevede un rimborso integrale di tali pagamenti entro quattordici giorni dalla risoluzione.
Secondo il governo francese, la misura mirava a preservare la sopravvivenza del settore turistico evitando che, a causa del notevole numero di domande di rimborso legate alla pandemia, la solvibilità degli organizzatori di viaggi fosse talmente compromessa da mettere a repentaglio la loro esistenza.
Pacchetti turistici e pandemia, il rimborso è restituzione in denaro
Nella sua sentenza, la Corte dichiara che “gli Stati membri non possono invocare la forza maggiore per esentare, quand’anche temporaneamente, gli organizzatori di pacchetti turistici dall’obbligo di rimborso previsto dalla direttiva”.
Per “rimborso”, precisa la Corte, “si deve intendere una restituzione sotto forma di denaro. Il legislatore dell’Unione non ha previsto la possibilità di sostituire tale obbligo di pagamento con una prestazione che rivesta un’altra forma, come la proposta di buoni. L’obiettivo perseguito dalla direttiva in questione consiste nella realizzazione di un livello elevato e il più uniforme possibile di protezione dei consumatori. Di fatto, il rimborso sotto forma di denaro è il più idoneo a contribuire alla tutela degli interessi del viaggiatore, il che evidentemente non esclude che il viaggiatore accetti, su base volontaria, un rimborso sotto forma di un buono”.
Per quanto riguarda i motivi di risoluzione di un contratto di pacchetto turistico, per la Corte “una crisi sanitaria mondiale come la pandemia di Covid-19 deve essere considerata idonea a rientrare tra le “circostanze inevitabili e straordinarie” ai sensi delle quali la direttiva prevede un rimborso integrale, in quanto evento che esula manifestamente da qualsiasi controllo e le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate neppure adottando tutte le ragionevoli misure”.
La Corte respinge di fatto le motivazioni del governo francese che facevano riferimento a caso di “forza maggiore”. Per la Corte, “la direttiva non prevede la possibilità di derogare all’obbligo di rimborso integrale per motivi di forza maggiore”.
Per la Corte, non sono neanche soddisfatte le condizioni per parlare di forza maggiore. Questo perché la normativa controversa “ sfocia in una sospensione provvisoria generalizzata dell’obbligo di rimborso, senza tener conto della situazione finanziaria concreta e individuale degli organizzatori di viaggi interessati”.
Inoltre “le conseguenze finanziarie lamentate dal governo francese avrebbero potuto essere evitate adottando, ad esempio, determinati aiuti di Stato a favore degli organizzatori di viaggi interessati”. Terzo argomento: la normativa che esonera gli organizzatori di viaggi dal loro obbligo di rimborso per un periodo che può arrivare fino a 21 mesi “non è concepita in modo da limitare i propri effetti al periodo necessario per porre rimedio alle difficoltà causate dall’evento che può rientrare nella forza maggiore”.
Spetta poi a un giudice nazionale, investito di un ricorso per l’annullamento di una normativa nazionale che esso considera contraria al diritto dell’Unione, procedere all’annullamento di quest’ultima.