Di chi si fidano gli italiani quando si parla della loro salute? Nonostante presenza sempre più ingombrante di Dottor Google, medici e farmacisti sono ai primi posti quando si tratta di chiedere un consiglio importante. Il 91% dichiara infatti di rivolgersi a professionisti e meno a web e social (36%).

Lo rileva la ricerca “Salute 4.0: curarsi nell’era digitale, generazioni a confronto” commissionata da BNP Paribas Cardif, tra le prime dieci compagnie assicurative in Italia, e condotta dall’istituto di ricerca Eumetra MR, per indagare la percezione dei cittadini maggiorenni sul fronte di benessere e salute, ma anche aspetti come l’ipocondria, la spesa per la salute, il web e le fake news, la privacy e la sicurezza, il ruolo dell’innovazione tecnologica e l’importanza del settore assicurativo privato per tutelare le famiglie.

L’innovazione tecnologica e l’aumento delle aspettative di vita hanno cambiato profondamente il rapporto degli italiani con la propria salute e l’approccio alle cure. Se fino a pochi decenni fa il rapporto medico-paziente era molto più diretto, oggi alla presenza dei primi sintomi di una malattia il web è diventato il vero punto di riferimento per tutte le generazioni, dai nativi digitali fino ai Senior.

Il web ha cambiato radicalmente il primo approccio alla malattia: se in occasione di un problema di salute accertato ci si rivolge principalmente al proprio medico, di fronte ai primi sintomi, invece, ci si informa prima su internet per farsi un’idea, anche se per i senior il medico rimane sempre un riferimento importante. Pur consultando internet, molti reputano questo strumento poco attendibile, pensano di saper distinguere una fake news anche se il 29% del campione è “caduto”, almeno una volta, in una “bufala” del web (i giovani sono i più esposti).

A livello generale, la percezione che gli italiani hanno della loro salute è pressoché ottima (42%), soprattutto per quanto riguarda la Generazione Z, ma non in perfetta forma (30%), e questo indipendentemente dall’età. Sono però i Senior a dichiarare un migliore stato di benessere percepito (40%) rispetto alle altre generazioni.

Caso a parte, ma tutt’altro che marginale, è l’ipocondria che caratterizza circa 9 milioni di italiani (18%). Il 79% di essi è convinto di non essere in salute e ha speso negli ultimi 12 mesi ben l’80% in più rispetto alla media nazionale per prestazioni o acquisto di medicinali a pagamento.

Tuttavia, gli italiani mostrano una certa diffidenza verso l’uso delle medicine, hanno paura di perdere la propria autonomia (66%), fanno poca prevenzione, soprattutto gli uomini, e pensano che per mantenersi in salute sia sufficiente avere una corretta alimentazione e fare attività fisica. Negli ultimi 12 mesi, l’88% ha dovuto sostenere una spesa di “tasca propria” per curarsi, spendendo in media circa 268 euro, e il 58% ha dovuto rinunciare almeno una volta nella vita alle cure per questioni economiche, soprattutto alle prestazioni più costose come il dentista.

Il Sevizio Sanitario Nazionale? Buono ma non ottimo: solo il 20% si dichiara molto soddisfatto e il 40% abbastanza. I più critici sono i cittadini del Sud Italia e delle Isole, mentre l’insoddisfazione è legata principalmente ai tempi di attesa e al costo del ticket.

Questo ha spinto negli ultimi 12 mesi molti consumatori (44%) a rivolgersi alle Compagnie assicurative per tutelarsi con una polizza privata sulla salute. Se da un lato restano tanti gli italiani che non hanno mai attivato una polizza, dall’altro ben due terzi mostrano un interesse verso i prodotti di nuova generazione.

Per quanto riguarda il rapporto con l’innovazione e la tecnologia, otto italiani su dieci sono favorevoli a condividere su App i dati della propria cartella sanitaria e il 77% usa la tecnologia (internet, App e wearable) per la cura del proprio benessere. Conoscono l’intelligenza artificiale ma preferiscono sempre la “mano dell’uomo” (84%). Per quanto riguarda la condivisione dei propri dati sanitari tramite device, il 55% sarebbe disposto a farlo purché gli interlocutori siano sempre medici o farmacisti, istituzioni, aziende farmaceutiche e le assicurazioni. Su questo aspetto i più restii sono i Senior (39%).


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