ambiente

Ogni cittadino italiano preleva in natura e consuma risorse naturali pari a mezza tonnellata l’anno. Sono quasi 8 miliardi di metri cubi di acqua utilizzati e oltre 34 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti emesse in atmosfera. Sono 8,5 milioni di ettari di terra sottratti ad agricoltura e biodiversità. A questo si aggiungono più di 20 milioni di tonnellate di materiali ‘biotici’ (ovvero la biomassa coltivata) prelevati dagli ecosistemi e 38 milioni di tonnellate di materiali ‘abiotici’, ovvero sedimenti, rocce, minerali che vengono erosi. Questi numeri fotografano il “fardello ecologico” legato alle importazioni italiane di quattro commodities: caffè, carta e pasta di carta, cotone e olio di palma. Sono risorse naturali collegate all’industria tessile, all’alimentare e al settore cartario, che hanno un forte impatto sull’ambiente.
Il peso ecologico di tali mercati, e dell’industria collegata, emerge dallo studio  ‘Market Transformation – Sostenibilità e mercati delle risorse primarie’, realizzato da WWF e Sustainable Europe Research Institute (SERI) in vista del summit mondiale sullo sviluppo sostenibile ‘Rio+20’. Si parla dunque di sostenibilità ambientale e della necessità che imprese, istituzioni e consumatori riducano il proprio impatto sulle risorse naturali. Si può fare, secondo il WWF, con una serie di politiche diverse: ad esempio, con l’adesione a standard di sostenibilità per approvvigionamenti responsabili; adottando sistemi di certificazione riconosciuti; trasferendo la pressione fiscale dalla forza lavoro all’uso delle risorse naturali; adottando un consumo consapevole. Anche i cittadini sono chiamati a un ruolo attivo, attraverso comportamenti di consumo responsabili e scelte oculate dei prodotti acquistati, consapevoli dell’impronta idrica e dell’impronta di carbonio che questi nascondono.
Secondo il rapporto WWF-SERI, dal 1980 al 2007 l’estrazione di risorse vergini a livello globale è passata da 15 miliardi di tonnellate a oltre 20 miliardi tonnellate annue, con 35 aree prioritarie per la tutela della biodiversità individuate dal WWF, dal Mediterraneo al Bacino del Congo, dai Mari Antartici ai Mari dell’Artico fino alle Galapagos, minacciate progressivamente da allevamenti e colture estensive, sovrasfruttamento degli stock ittici e acquacoltura.
Come si fa a raggiungere un made in Italy sostenibile? Quali gli obiettivi da perseguire? Per il WWF, se l’Italia si vuole incamminare sulla via della sostenibilità insieme all’Unione europea, “entro il 2030 dovrà ridurre a zero la domanda di terreno ‘nascosta’ nelle proprie importazioni ed entro il 2050 ridurre dell’80% i propri prelievi diretti e indiretti di materiali utilizzati, del 95% le emissioni di gas serra e portare la propria impronta idrica a meno del 10% delle riserve disponibili. Con l’obiettivo di ridurre il proprio ‘fardello ecologico’ fino a un decimo dei valori attuali entro pochi decenni”.
Spiega il direttore scientifico del WWF Italia Gianfranco Bologna: “Più che mai in una situazione di crisi economico-finanziaria che dura ormai da anni, dobbiamo dare la massima centralità al capitale naturale, alla sua cura, al suo ripristino, perché senza di esso l’intera economia mondiale non ha futuro. La Conferenza di Rio+20 sarà un momento molto importante, ed è fondamentale che istituzioni, consumatori e soprattutto imprese, dalle grandi multinazionali alle piccole e medie imprese dei nostri distretti industriali, si assumano la responsabilità di trasformare i mercati e condurli a modelli meno insostenibili, sviluppando una produzione di qualità anche sotto il profilo ambientale.”


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