Le pratiche commerciali sleali avranno vita breve in Europa: la Commissione Europea ha annunciato nuove mosse per potenziare la direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali e rafforzare la fiducia dei consumatori nel mercato interno. Si annunciano indagini a tappeto e l’elaborazione di indicatori del rispetto delle norme, per identificare le carenze e i punti deboli che richiedono ulteriori interventi di indagine e/o correttivi. 
La direttiva garantisce che i consumatori non siano tratti in inganno o sottoposti ad un marketing aggressivo e che le qualità vantate dai professionisti nell’UE siano chiare, accurate e comprovate, permettendo così di fare scelte informate ed appropriate. La direttiva si prefigge anche di garantire, promuovere e tutelare la concorrenza leale nel settore delle pratiche commerciali. Grazie ad essa sono state tenute a freno una vasta gamma di pratiche commerciali sleali, comprese le informazioni menzognere fornite ai consumatori o l’utilizzo di tecniche aggressive per influenzarne le scelte.
Sostituendo 27 regimi nazionali con un unico insieme di norme, la direttiva ha semplificato le regole, rendendo più facile per i consumatori conoscere i loro diritti, a prescindere dal luogo nell’UE in cui fanno acquisti. Tuttavia, tanto i consumatori quanto i professionisti hanno ancora difficoltà a sapere come verranno applicate queste norme dalle varie autorità nazionali competenti.
Nel 2010 ben 4 consumatori online su 5 nell’UE (l’81%) hanno usato un sito di confronto dei prezzi. Ma spesso questi strumenti non sono di grande aiuto perché non forniscono informazioni in modo chiaro e accurato. Diverse sono state le segnalazioni di problemi riguardo ai siti di confronto dei prezzi, in termini di trasparenza e completezza dell’informazione fornita. Anzi, in un ambiente digitale anche le pratiche scorrette hanno una dimensione transnazionale e pongono questioni comuni alle autorità nazionali che richiedono un approccio più coerente verso l’applicazione. Esempio eclatante, la multa inflitta ad Apple per aver offerto a pagamento una garanzia di due anni sui propri prodotti, nonostante i consumatori avessero già diritto a questo servizio gratuitamente ai sensi del diritto dell’UE.
Poiché problemi simili erano già stati riscontrati in altri Stati membri, la Vicepresidente della Commissione Europea Viviane Reding ha scritto a tutti i ministri degli Stati membri dell’UE responsabili della tutela dei consumatori per attirare la loro attenzione sulla questione e verificare quanto sia stato fatto per garantire il rispetto delle norme a livello nazionale. Dalle risposte ricevute è emersa una mancanza di coerenza nell’interpretare e far rispettare la direttiva da parte delle autorità nazionali. I principali mercati in cui i consumatori continuano a perdere denaro e in cui serve agire di più sono stati identificati nei servizi turistici e di trasporto, nel digitale, nei servizi finanziari e nei beni immobili. Inoltre, le autorità responsabili del rispetto della normativa devono verificare più attentamente le “asserzioni ambientali” ed “ecologiche”, spesso usate dai rivenditori in modo vago e non sempre in maniera responsabile.
Reding ha commentato: “Le norme vigenti a tutela dei consumatori sono ben strutturate, ma occorre far sì che siano meglio applicate, specie nei casi transfrontalieri. Dev’esserci “tolleranza zero” per i professionisti disonesti in modo che i consumatori sappiano esattamente cosa acquistano e non vengano ingannati. Questo vuol dire adottare un approccio coerente verso l’applicazione dello stesso insieme di norme”.Il vertice europeo dei consumatori del 18-19 marzo 2013, organizzato dalla Commissione, sarà l’occasione per discutere con tutti gli interessati soluzioni concrete per migliorare il rispetto dei diritti dei consumatori, a livello nazionale e transnazionale, e per sondare in che modo si possa rispondere in modo efficace nei casi di importanza europea all’interno del mercato unico.


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1 thought on “Pratiche commerciali sleali, vita breve in Europa

  1. Fa parte delle “pratiche commerciali sleali” anche l’applicazione dell’IVA non dovuta da parte di enti pubblici o a partecipazione pubblica su forniture di beni o servizi ai cittadini consumatori? Dovrebbe, e la sanzione, oltre alla multa, dovrebbe prevedere l’obbligo di risarcimento immediato automatico a carico di chi ha commesso l’infrazione, senza costringere il singolo danneggiato a raccogliere e documentare i dati e di conseguenza a richiedere singolarmente, con un oneroso ricorso, il rimborso del mal tolto.

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