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A Bruxelles i ministri con competenze sull’energia sono riuniti per discutere il pacchetto di politiche della Commissione europea per il 2030 in materia di clima ed energia: la Commissione a gennaio ha infatti proposto un taglio del 40 per cento delle emissioni nazionali di CO2 e l’obiettivo, vincolante solo a livello europeo, di aumentare ad almeno il 27 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili. Un target decisamente poco coraggioso per Greenpeace, che chiede impegni seri e vincolanti.
Fra l’altro, gli Stati non sono stati ancora in grado di trovare un punto d’unione sui principali target del pacchetto clima e non sono poche le differenze di posizione, mentre in generale gli ambientalisti già all’indomani della presentazione del pacchetto avevano contestato la proposta, considerandola troppo debole e chiedendo di innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra e di puntare con più decisione, e con target più elevati, sulle energie rinnovabili. Per Greenpeace i tre obiettivi da raggiungere entro il 2030 sono la riduzione delle emissioni nazionali di CO2 di almeno il 55 per cento, l’aumento al 45 per cento della quota di energia da fonti rinnovabili e il miglioramento del 40 per cento dell’efficienza energetica.
Greenpeace ha criticato il pacchetto della Commissione già in gennaio, descrivendolo come una “svendita”. Commentando la riunione di oggi, Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, ha detto: “Un target per la riduzione delle emissioni di CO2 senza obiettivi di sviluppo per rinnovabili ed efficienza energetica è come una bicicletta senza pedali: si muoverà ma non porterà molto lontano. Dopo la sottoscrizione del protocollo di Kyoto, metà della riduzione di gas serra fin qui ottenuta è stata possibile grazie al contributo delle energie rinnovabili. Non è certo questo il momento in cui possiamo limitare il nostro impegno. I capi di governo dell’UE devono prendere impegni seri per la protezione del clima e la modernizzazione del sistema energetico”. Un obiettivo di sviluppo delle fonti rinnovabili vincolante solo a livello dell’Unione, e non dei singoli Stati, rischia di essere generico e astratto e alcune nazioni hanno già evidenziato questo punto: i ministri, rileva Greenpeace, discuteranno anche gli effetti del pacchetto della Commissione sui costi e i prezzi dell’energia, e sulla competitività dell’industria europea.
Fra l’altro un nuovo rapporto dell’associazione, dal titolo “Imprigionati nel passato” (“Locked in the past”), mostra come le più grandi aziende energetiche europee siano in difficoltà a causa della loro riluttanza a mettere in discussione modelli di business vecchi, a fronte di profonde modifiche strutturali del mercato europeo. I giganti dell’energia hanno infatti trascurato le opportunità di guadagno dato dalle energie rinnovabili, continuando a investire nelle fonti fossili, e ora sono in difficoltà.
La prossima tappa nelle decisioni sul clima è il vertice del 20 e 21 marzo, quando i leader europei discuteranno il pacchetto di politiche climatiche ed energetiche proposto dalla Commissione Europea. Per questa occasione Greenpeace “chiede ai governi dell’UE di approvare tre obiettivi vincolanti in tema di energia e clima, prima del vertice sul clima organizzato, per settembre 2014, dal Segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon. I tre obiettivi, da raggiungere entro il 2030, sono: ridurre le emissioni nazionali di CO2 di almeno il 55 per cento, aumentare al 45 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili e migliorare del 40 per cento l’efficienza energetica”.


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