Discussioni aperte sul futuro del diserbante glifosato. In questi giorni la questione dell’eventuale nuova autorizzazione all’uso dell’erbicida in Europa sarà dibattuta al Comitato permanente sui fitofarmaci e la stampa ha segnalato l’orientamento contrario alla riconfermata dell’uso della sostanza in ambito europeo da parte del Ministero delle Politiche agricole e del Ministero della Salute. Secondo quanto scrive l’Ansa, il Mipaaf avrebbe inoltre chiesto di elaborare un “Piano glifosato zero” con la previsione di una sua eliminazione dai disciplinari di produzione integrata entro l’anno 2020.
glifosatoNei giorni scorsi, a rilanciare l’allarme sulla pericolosità del glifosato era arrivata la notizia che in diversi marchi di birra tedesca erano stati trovati livelli di glifosato superiori anche di molto a quelli consentiti per l’acqua. La cosa aveva rilanciato l’allarme su questo erbicida, che vede fra l’altro contrapposte le valutazioni delle autorità scientifiche: il glifosato è stato definito lo scorso anno dallo IARC (International agency for research on cancer), l’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, sicuro cancerogeno per gli animali e fortemente a rischio anche per l’uomo. Mentre l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) è di opposto parere e per questo si è conquistata l’accusa delle associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica che stanno conducendo una campagna contro l’uso del glifosato.
Oggi è arrivata anche la presa di posizione di Agrofarma, Associazione nazionale imprese agrofarmaci che fa parte di Federchimica, che da parte sua sottolinea la sicurezza degli agrofarmaci immessi in agricoltura e cerca di limitare l’eco dell’allarme sui residui trovati sia nelle birre sia sull’ortofrutta. Secondo Agrofarma “tutti gli agrofarmaci, inclusi i diserbanti quali il glifosate, prima di essere messi in commercio, vengono sottoposti a studi scientifici e a rigorosi controlli basati su test ripetuti negli anni, condotti secondo i sistemi di regolamentazione più rigidi e stringenti al mondo. Se dunque un prodotto è regolarmente in commercio nel mercato UE, significa che da tali analisi non è emerso alcun rischio concreto, e che è un prodotto sicuro per gli utilizzi e secondo le indicazioni di impiego riportate nelle etichette autorizzate”. L’associazione si sofferma sull’uso del glifosato in agricoltura contestando di fatto le conclusioni dello Iarc: “Le analisi dello Iarc e la classificazione che ne consegue, a cui i media fanno ampio riferimento, non valutano i rischi reali ma producono liste di potenzialità cancerogene squisitamente teoriche poiché si rifanno a valutazioni di laboratorio che non tengono conto dell’esposizione reale dell’uomo alle sostanze attive. Parallelamente l’Efsa, adottando criteri di analisi basati su parametri diversi ma rappresentanti un reale utilizzo della sostanza, ha dichiarato come improbabile che l’erbicida ponga un rischio di cancerogenicità per l’uomo. Né i dati epidemiologici (cioè sull’uomo), né le risultanze da studi su animali avrebbero infatti dimostrato nessi causali tra esposizione al glifosate e insorgenza di cancro”.
La sigla aderente a Federchimica getta acqua sul fuoco anche sul dato relativo ai residui trovati nelle birre tedesche e superiori a quelli consentiti per l’acqua potabile – “intendiamo segnalare che tali limiti, definiti a livello europeo, non sono stati fissati tramite valutazioni di tipo tossicologico, diversamente da quanto avviene, ad esempio, per i residui sugli alimenti. Tale superamento pertanto non è automaticamente traducibile in un rischio per la salute umana” – e sui residui trovati sull’ortofrutta. “Secondo il rapporto del Ministero della Salute del 2015 sui dati relativi all’anno 2013, il numero di prodotti ortofrutticoli che presentano un residuo di agrofarmaci oltre il limite consentito è calato passando dallo 5,6% allo 0,8% nell’ultimo ventennio – dice Agrofarma – Inoltre, è opportuno sottolineare che l’eventuale presenza di residui al di sopra della soglia stabilita dalla legge non rappresenta automaticamente un fattore di rischio per il consumatore. Infatti, la soglia massima consentita di residuo eventualmente presente per ogni sostanza è fissata considerando quantità estremamente inferiori rispetto all’effettiva soglia di pericolosità per la salute dei consumatori, garantendo in tal modo un ampio margine di sicurezza”.
Difficile pensare, però, che questi dati siano convincenti per le tante associazioni che si stanno battendo perché il glifosato sia messo al bando proprio per il rischio di cancerogenicità, contestanto fra l’altro le conclusioni dell’Efsa, considerate basate su studi non indipendenti e forniti dalle multinazionali. Fra queste c’è il tavolo contro i pesticidi, che da tempo chiede lo stop al alla produzione, commercializzazione e uso del glifosato in Europa. Dal canto suo, Coldiretti ne chiede ad esempio lo stop anche sui prodotti importati. “In una situazione di forti importazioni low cost è necessario che l’eventuale divieto riguardi coerentemente anche l’ingresso in Italia e in Europa di prodotti stranieri con residui di glifosato”: questo quanto affermato dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’orientamento contrario del Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina e quello della Salute Beatrice Lorenzin alla riconferma dell’uso della sostanza attiva Glyphosate in ambito europeo.
 

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