Cosa si nasconde dietro il sacchetto di plastica per la spesa, che per legge dovrebbe essere biodegradabile? È possibile che la mano della camorra sia arrivata a compromettere anche questo settore? Per denunciare questo racket Legambiente lancia la campagna #UnSaccoGiusto, testimonial d’eccezione Fortunato Cerlino – alias Pietro Savastano, il superboss della serie Tv Gomorra – che ha prestato la sua immagine per un corto di denuncia su questo nuovo business della criminalità organizzata.
Parliamo di un giro d’affari considerevole che sottrae risorse all’economia sana, all’erario e danneggia l’ambiente e i cittadini. Si considera che circa la metà dei sacchetti in circolazione siano illegali, un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica, una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale. Una filiera nera che danneggia chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore. Il tutto senza considerare i gravi danni all’ambiente e al mare, oltre all’aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti quantificato in 50 milioni di euro.
La campagna #UnSaccoGiusto è stata presentata questa mattina alla Casa del Cinema a Roma. Nel corso dell’incontro è stato presentato il cortometraggio “Un Sacco giusto” che da oggi e per tutto il mese di giugno sarà diffuso sul web e, grazie al supporto di Sky, anche sui canali della piattaforma satellitare, oltre che in più di 250 sale cinematografiche in tutta Italia grazie alla collaborazione di Movie Media. Realizzato e prodotto da Kfield e Dont’Movie, il video della durata di 3 minuti interpretato da Fortunato Cerlino con un singolare espediente creativo ci invita a guardare dietro le cose, a stare attenti anche a quello che può esserci dietro un sacchetto.
Con la campagna si vogliono chiamare all’azione anche i singoli cittadini che sul sito www.legambiente.it/unsaccogiusto potranno segnalare le illegalità e gli esercizi dove vengono usati shopper taroccati.
Il corto è anche dedicato alla storia della CoopVentuno, una piccola start up che produce prodotti compostabili e che promuove la legalità in questo settore proprio a Castel Volturno. Una bella realtà di riscatto nata nel cuore della Terra dei fuochi dall’idea di Gennaro Del Prete e Massimo Noviello, due uomini accomunati dalla morte dei rispettivi padri uccisi dalla camorra perché volevano un’Italia libera dalle illegalità e perché avevano cercato di fermare il racket delle buste di plastica.
“La legge italiana sulle buste di plastiche è innovativa e straordinaria, diventata esempio in Europa – spiega Rossella Muroni Presidente di Legambiente – Purtroppo proprio perché incide su un comparto produttivo molto importante è diventata terreno d’azione delle ecomafie che inquinano il mercato legale e impongono i loro prodotti soprattutto negli esercizi commerciali al dettaglio o nei mercati rionali. Del resto produrre fuori legge costa la metà: un chilogrammo di bioplastica costa circa 4 euro, mentre un chilogrammo di materiale in polietilene ne costa due. Sul mercato però vengono venduti allo stesso prezzo, rendendo alla filiera illegale grandi guadagni. Proprio ieri il Ministro Galletti insieme alla Guardia di Finanza ha denunciato alcuni sequestri nel sud d’Italia, dimostrando che l’azione di contrasto delle Forze dell’Ordine è la strada maestra per fermare questi odiosi crimini che bloccano il futuro del nostro paese”.
“Le morti tragiche dei nostri padri non sono state vane perché il loro coraggio e la voglia di una società civile fondata sulla legalità e sul lavoro onesto continuano oggi a vivere nella cooperativa sociale che abbiamo fondato – spiegano Massimiliano Noviello e Gennaro del Prete di CoopVentuno – Liberare il mercato dagli shopper illegali significa aprirlo a una parte dei produttori di bioplastiche compostabili, che oggi non possono vendere, con un aumento degli investimenti nel settore che garantirebbero una prospettiva diversa a chi produce i sacchetti legalmente”.


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